La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Tra Oriente ed Occidente, l’Ucraina.

Scritto da – 11 Giugno 2014 – 11:58Un commento

Il fronte ucraino, dalla sua iniziale ribalta alle cronache dello scorso novembre, ha lambito il nostro paese solo marginalmente, nei limiti di minacce fatte (le sanzioni contro Putin e la Russia da parte dell’UE) e ricevute (l’interruzione delle forniture del prezioso gas russo nei mesi a venire). Tutto ciò è radicalmente cambiato quando pochi giorni fa, la fumosa e poco chiara guerra in atto nel paese a metà tra Oriente ed Occidente, ha falcidiato un nostro concittadino: Andrea Rocchelli, fotoreporter di professione con una smodata passione per l’inchiesta e la verità in luoghi e situazioni scomode in tutti angoli del nostro pianeta. Questa passione l’aveva portato, insieme ad alcuni amici a fondare nel 2008 l’agenzia indipendente “Cesura Lab”, e ha portato Andrea a vendere i suoi reportage alle più importanti testate giornalistiche del mondo come Newsweek, LeMonde e Wall Street Journal. Andrei Mironov è caduto esanime insieme a Rocchelli sotto i ripetuti colpi di Kalashnikov e di mortaio, come racconta l’unico superstite dello scontro a fuoco, il fotografo francese William Roguelon, ricordando i momenti dell’agguato. La salma di Andrea dopo il burocratico riconoscimento, è stata rimpatriata per essere affidata al cordoglio dei suoi cari e conoscenti; ricordando sempre però che, nonostante questa dolorosa perdita, sul campo di battaglia ci sono ancora moltissimi reporter come Rocchelli, pronti a rischiare la vita pur di fornirci quotidiane dosi di un crudo confronto con la verità dei fatti, mentre questi sono in fase di svolgimento.

La vicenda Rocchelli si è svolta in un momento di transizione ai vertici del governo, all’interno dell’imperante disordine che vige in Ucraina, in quanto in concomitanza con le elezioni europee, che hanno tenuto banco nel Vecchio Continente; Kiev è stata impegnata, il 25 maggio, nell’eleggere il nuovo presidente. Tra gli oltre venti candidati, la sfida, apparsa subito impari, siè limitata ad un confronto tra la leader della rivoluzione arancione del 2004, Yulia Tymoshenko, e il “re del cioccolato” Petro Poroshenko.

Se dieci anni fa, nel freddo di Kiev le parole della Tymoshenko avevano scaldato il cuore degli elettori , oggi la leader dai capelli biondi ha attecchito poco nell’elettorato ucraino lasciando ampio spazio a questa, solo in apparenza nascente, figura politica. La vittoria di Poroshenko è stata netta, portando questo ucraino Willy Wonka sulla poltrona più scomoda d’Europa. Se per le nostre cronache il neopresidente è un volto nuovo, non si può certo dire lo stesso per l’arena politica di Kiev.

Nato ad Odessa nel 1965, Poroshenko, è stato scaltro a fare la sua fortuna negli anni immediatamente successivi al crollo comunista, comprando diverse aziende dolciarie statali per una cifra irrisoria, trasformandole in una macchina da guerra monopolistica che gli ha fruttato nel tempo un patrimonio di 1,6 miliardi di dollari (secondo stime Forbes). Politico per divertimento, Poroshenko nel corso degli anni è stato eletto alla Verkhovna Rada (il Parlamento) tra le fila socialdemocratiche, per poi essere tra i fondatori del Partito delle Regioni, il cui leader è stato, fino a qualche mese fa, l’ex presidente Yanukovich. Nel 2001 viene eletto Segretario del Consiglio Nazionale di Sicurezza e della Difesa e dopo aver cambiato ancora un paio di volte colore politico, nel biennio 2009/2010 riesce a farsi nominare: Ministro degli Esteri, capo del consiglio nazionale della banca ucraina e infine Ministro dello sviluppo economico, dal noto Yanukovich. All’apertura degli attuali scontri nel paese abbandona il presidente, allontanandosi da lui durante le manifestazioni di piazza riprese dalle telecamere della sua emittente TV Kanal 5. Possiamo quindi affermare che Poroshenko non sia un uomo ingenuo, anche se davanti a se ha probabilmente il compito più difficile della sua carriera politica.

Prima di affrontare i prossimi impegni istituzionali dell’appena eletto presidente, è forse utile però riprendere il filo degli avvenimenti che si sono susseguiti alle porte della Federazione Russa negli ultimi mesi. Lo stato ucraino per sua natura si trova conteso a metà tra occidente e oriente, una sorta di stato cuscinetto, su quelli del modello post napoleonico di Vienna del 1814, e proprio per questo al suo interno è ulteriormente diviso tra chi guarda speranzoso verso la Comunità Europea e chi guarda con sicurezza alle tradizioni russe. Proprio per questa divisione, lo scorso novembre sono montate diverse proteste di piazza in seguito alla discussione di una partnership con l’UE. A fronte di questo ventilato pericolo, seppur di natura meramente economica, Putin ha minacciato di togliere i fondi monetari (oltre ovviamente alle forniture di gas), vitali alle industrie ucraine per sopravvivere, in quanto anche degli eventuali accordi con l’Europa non avrebbero garantito un pari supporto economico.

Da questi sempre più evidenti scontri, tra due fazioni del paese (quella orientale rivolta verso la Russia, e quella occidentale volta con lo sguardo a Bruxelles) sono sorti dei violenti scontri di piazza a stento contenuti dalla polizia e dall’esercito, che in breve tempo hanno portato alle dimissioni del presidente in carica Yanukovich, considerato inadatto a mantenere la posizione. In tutto questo polverone, la figuradi Vladimir Putin si staglia all’orizzonte come quella dell’approfittatore. Il 27 febbraio infatti le truppe paramilitari issano in Crimea la bandiera Russa, e alcuni giorni dopo, il 1 marzo, la Duma approva la richiesta di Putin dell’uso della forza militare nell’Ucraina orientale. A seguito di questa decisione, in molte città della Crimea si manifesta in piazza a favore dei russi e nella città di Sebastopoli si mette in moto la flotta degli ex-sovietici, di stanza nel porto cittadino.

L’interesse della Russia nei confronti dell’Ucraina va oltre gli ultimi scontri, ma anzi è una questione culturale, che la lingua può permetterci di capire. Il termine Ucraina infatti deriva dal russo “ocraina” ovvero “periferia”, dimostrandoci che nonostante la formale indipendenza l’ombra della Russia sul paese sia sempre incombente. A dimostrazione di ciò abbiamo il referendum in Crimea del 16 marzo scorso, che dopo la sempre più massiccia occupazione di truppe militari nel paese, consegna la regione nelle mani di Putin. Da quel giorno in poi , gli scontri tra nuclei paramilitari ed eserciti, filorussi ed ucraini, continuano senza sosta in una guerra di posizione per il controllo di aree fondamentali (il Donbass), di città strategiche (Donetsk) e punti nevralgici delle stesse (l’aeroporto della città). All’interno di tutti questi scontri che continuano a produrre morti, disperazione e povertà su base quotidiana, abbiamo le sanzioni inefficaci ed inutili prodotte dallo sforzo congiunto di UE e USA, entrambe bloccate dalla spaventosa potenza economica russa, che però negli ultimi giorni sta ritraendo gli artigli. Infatti è di qualche giorno fa l’accordo firmato tra Putin e la Cina per la fornitura del gas sovietico ai vicini cinesi.

Che la Russia si stia gradualmente spaventando davanti alla perdita dei preziosi clienti europei e alla conseguente perdita di valore del PIL? Solo il tempo potrà dircelo, certamente una posizione netta e decisa su tutta la linea (e quindi anche su Poroshenko) ci aiuterebbe meglio a capire le attuali dinamiche geopolitiche che ci coinvolgo sempre più.

Manuel Granata


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