La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Elezioni europee: il vero problema è l’assenza di agonismo nell’Unione

Scritto da – 15 Gennaio 2014 – 11:07Un commento

L’entrata nel 2014 prospetta in Europa un secondo semestre caratterizzato dalla guida italiana, oltre che la formazione del Parlamento e della Commissione Europea. Tuttavia, gli unici cittadini che sembrano alzare la voce per alimentare il dibattito a questo proposito sono quelli che vorrebbero vedere conclusa l’esperienza europea. Lo scarso spirito propositivo che qualifica i cittadini europei sul piano sovranazionale è allo stesso tempo causa ed effetto dell’assenza di un’alternativa all’attuale leadership europea. La base non produce idee nuove rappresentabili tramite un nuovo soggetto politico egemone, il vertice politico non stimola la base incarnando progetti innovativi: è un circolo vizioso che sterilizza l’immaginazione politica e blocca il cambiamento. D’altra parte, la classe dirigente europea non ha dato vita a proposte diverse rispetto alla logica neoliberale, più o meno moderata: al cuore di questa Europa, l’Unione Cristiano-Democratica tedesca. Questo nucleo moderato non ha ammesso l’apertura di un vero e proprio dibattito interno al progetto d’Europa. Alla sinistra è mancata completamente una motivazione autonoma, degli obiettivi e dei programmi propri, che potessero scontrarsi agonisticamente con quelli dei popolari europei. Di questa tendenza è emblematica la famosa “terza via” teorizzata da Giddens, di fatto incapace di creare i presupposti per un confronto tra progetti alternativi in seno all’Unione. In definitiva, l’aggregarsi attorno a questo centro, nel senso politico del termine, ha escluso a priori lo scontro conflittuale tra diverse identità politiche. Di conseguenza, sorge spontanea una domanda: come immaginare un’Europa politica in assenza di opposizione al suo interno? La democrazia, si sa, si alimenta di progetti sul futuro in conflitto tra di loro. Senza agonismo, la democrazia ristagna.

Interpretando secondo queste categorie gli eventi degli ultimi mesi, si spiega quindi facilmente la proliferazione dei movimenti antieuropeisti, che potremmo definire come nient’altro che un appello al recupero di una dimensione veramente politica. Al di là dei casi estremi come quello di Alba Dorata in Grecia, le cui istanze sono in gran parte reazione a specifiche politiche di austerity, l’euroscetticismo è in crescita in vari paesi in Europa e perfino del mitico motore economico: la Germania, dove le ragioni antieuropee sono rappresentate a destra da Alternativa per la Germania e a sinistra da Die Linke.

Tuttavia, le radici del problema non sono da ricercarsi soltanto nella dimensione dei partiti nazionali. La loro incapacità di unirsi oltre le barriere nazionali per dare vita a progetti alternativi a Bruxelles è determinate, ma non costituisce l’unica difficoltà. In effetti, negli ultimi venti anni nessun piano politico nuovo ha rimesso in discussione Maastricht senza esprimere allo stesso tempo istanze anti-europeiste. C’è quindi anche una seconda faccia della medaglia più specificamente istituzionale. Con Maastricht si è delineata un’Europa economica, illudendosi di poter delimitare i confini dello spazio politico a quello della Nazione. Il sistema monetario non è stato fondato su un altrettanto forte sistema democratico e l’impianto istituzionale europeo ha chiuso ogni possibilità di espressione ad un potenziale differente soggetto politico egemone.

Infine, c’è un problema di rappresentanza: l’Europa non sembra convogliare le emozioni dei suoi cittadini. In altre parole, la cittadinanza europea sembra essere il prodotto progettato ad hoc di un ingranaggio meccanico che l’espressione di un sentire, di un’identità comune. In pratica, il concetto di cittadinanza europea è ancora limitato alla somma dei singoli corpi politici di ciascuno dei paesi membri dell’Unione, mentre l’elettorato europeo stenta ancora a concepirsi come un unicum.

Il processo di integrazione dell’Unione non può essere esente dalla costruzione dell’identità politica europea e per fare questo c’è bisogno di dare spazio a progetti politici che mobilitino le passioni verso il cambiamento. E’ più che mai urgente ristabilire l’arena dell’agonismo politico in Europa. Speriamo, quindi, che il fermento dei movimenti euroscettici contamini gli europeisti e li spinga a rimettere in discussione il modello attualmente non egemone, ma unico, d’Unione Europea.

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