Anarchia nel Regno Unito: passport to Pimlico
Cosa fareste se un bel giorno, apparentemente uguale a tutti gli altri, vi dicessero che il quartiere dove siete nati e cresciuti non è più proprietà dello Stato di cui eravate cittadini fino al giorno prima, ma proprietà di un antico ducato oltremare? Cosa succederebbe se all’improvviso il vostro passaporto fosse solo un pezzo di carta di scarsa utilità? Questo è quello che è successo ai bizzarri abitanti di Pimlico. Nella Londra ancora immersa nelle macerie del secondo dopoguerra, Pamela, ma l’ultima bomba “dormiente” in città, si sveglia a causa dei giochi distratti alcuni ragazzi. L’esplosione rivela un antico tesoro risalente al XV secolo e con esso un editto reale che certifica la proprietà di Pimlico…al Ducato di Borgogna. Se l’attenzione degli abitanti prima è dedicata alla nomina del proprietario del favoloso tesoro, presto questi rivendicano il loro status di stranieri in terra inglese. Questo improvviso cambiamento scombussola la vita nel quartiere; vengono tracciate le frontiere della nuova Borgogna, arriva il legittimo erede del Ducato, la scomparsa della legislazione inglese lascia spazio a una bislacca anarchia e al commercio illegale. Ricostruire un paese da zero: questo l’arduo compito dei protagonisti di questo film. Tra amori, situazioni assurde e scontri con i burocrati, si svolge la storia di questa commedia inglese, creazione degli Ealing Studios. Questo studio cinematografico, fondato da Basil Dean attorno al 1930 su dei giardini fine ottocenteschi, ha conosciuto una grande fortuna negli anni ’40 e ‘50 quando, sotto l’ala di Michael Balcon (produttore in arrivo dalla Metro-Goldwyn-Meyer), iniziò a sfornare una serie di brillanti commedie, tra cui The Man in the White Suit (1951), Whiskey Galore (1949) e Kind Hearts and Coronets (1949). Queste produzioni, spesso onorate dalla partecipazione di un esordiente Alec Guinness, sono delle perle dello humor all’inglese. Così anche Passeport to Pimlico riesce ad alleggerire il panorama post-bellico con personaggi coloriti e idee stravaganti. Dal pescivendolo svampito che ha occhi solo per i pesci e per la bella figlia del droghiere, alla vecchia storica infervorata, fino al bonario poliziotto che manda al diavolo i suoi superiori quando scopre di essere a tutti gli effetti uno straniero.
Un’allegra combriccola di macchiette, persone normali che si trovano di punto in bianco a dover gestire sommosse, assedi e relazioni col ministero degli Affari Esteri. Riuscendo a cavarsela sempre e comunque, con soluzioni piuttosto poco ortodosse; come quando, per combattere la penuria di cibo, gli abitanti del quartiere si fanno lanciare dai passanti generi alimentari di ogni tipo al di là della barriera di filo spinato, come allo zoo. Un vecchio film dove il bianco e nero non diminuisce l’allegria che c’è nell’aria, una leggerezza che ci presenta in chiave comica i problemi della ricostruzione dopo il conflitto mondiale, del sentimento nazionale e di una burocrazia statica e rigida. Una lunga serie di eventi apparentemente senza senso che si risolveranno stranamente nel modo più logico possibile. Un film dove i buoni sentimenti vincono senza però essere sdolcinatamente eccessivi e soprattutto, senza mai prendersi troppo sul serio.
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