La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Cocaina e politica: le trame sotto la polvere bianca

Scritto da – 15 Ottobre 2014 – 14:57Nessun commento

“…Fa uso di coca chi ti è più vicino. Se non è tuo padre o tua madre, se non è tuo fratello, allora è tuo figlio…”. Lo scrive Saviano nel suo ultimo libro ZeroZeroZero. Lo scrittore dopo queste parole, elenca di seguito diverse categorie di persone che abitualmente fanno uso di cocaina. Per alcune pagine sono descritte le situazioni quotidiane e le più varie motivazioni che spingono ad avere a che fare con questa droga. Per concludere il suo pensiero commenta: “…Ma se, pensandoci bene, ritieni che nessuna di queste persone possa tirare cocaina, o sei incapace di vedere, o stai mentendo. Oppure, semplicemente, la persona che ne fa uso sei tu…”. È una convinzione lapidaria, ma, nonostante la sua crudezza, condivisibile. Anche se siamo incapaci di vedere e di cogliere appieno gli intricati rigiri della polvere bianca, ciò non ci impedisce di pensare che possa influenzare anche il mondo della politica. A partire dall’ amministratore locale che, con indifferenza, chiude un occhio sull’ attività di spaccio di un bar o di un piccolo supermercato, passando per il parlamentare che ne fa uso personale, arrivando all’enorme giro di soldi che può condizionare l’economia di uno stato.

Per avere un’idea del giro di affari del mercato della coca, basti pensare che da un chilo di coca se ne ricavano, “molto tagliata”, quattro chili e mezzo che venduta a 50 euro il grammo equivalgono a 225mila euro.

Secondo l’ultima relazione annuale dell’ EMCDDA, l’agenzia europea delle droghe, solo nel 2013 e in Italia, ci sono stati 6859 sequestri di cocaina per una quantità complessiva di 6342 kg. Nonostante sia stato registrato un relativo calo nei consumi, a vantaggio dell’ eroina che è considerata per eccellenza la droga della crisi, la mole del traffico è maggiore di quella sequestrata che, presumibilmente, è solo una parte modesta rispetto all’intero mercato.

E non è esente dall’uso di droga nemmeno il parlamento italiano, almeno a quanto hanno cercato di dimostrare le Iene nella preparazione della puntata che avrebbe dovuto andare in onda il 10 ottobre 2006 ma che è stata bloccata dall’autorità garante per la protezione dei dati personali.

In questa puntata, infatti, era previsto un servizio che denunciava il consumo di stupefacenti da parte di alcuni deputati. Dopo aver eseguito il test a 50 dei parlamentari a loro insaputa, avrebbero usato i risultati procurati. Il wipe drug test, il metodo d’analisi utilizzato, è stato ottenuto mediante un tampone frontale, prelevato, in questo caso, con la scusa di tamponare la fronte lucida del deputato da parte di una truccatrice. Ed avrebbe creato non poco imbarazzo nei palazzi della politica.

Seppure non si può affermare con certezza la totale attendibilità del test che verifica la presenza di droga nelle ultime 36 ore, un onorevole su tre farebbe uso di stupefacenti, prevalentemente cannabis, ma anche cocaina. Il 32% degli ‘intervistati’ è risultato positivo: di questo il 24% (12 persone) alla cannabis, e l’8% (4 persone) alla cocaina.

Ammesso che il campione (sconosciuto per motivi di tutela della privacy) possa risultare statistico, quasi 1 su dieci farebbe uso di quest’ultima sostanza. Ciò ovviamente non è una dimostrazione matematica, ma fa calare ugualmente un’ombra inquietante sul parlamento del 2006.

La risposta dei parlamentari si è fatta un po’ attendere e non soddisfa completamente.

Il 18 febbraio 2010 infatti il sottosegretario Carlo Giovanardi ha reso noti i risultati dei test, promossi dal suo dipartimento per le politiche antidroga, ed eseguiti su deputati e senatori dal 9 al 13 novembre 2009.

Al test si sono sottoposti volontariamente 232 parlamentari e uno solo è risultato positivo alla cocaina. 147 di loro hanno dato il proprio consenso a rendere pubblici i risultati e a rendere nota la loro identità, 29 no. Inoltre, in 56 non hanno neppure ritirato l’esito del test.

In questa occasione Giovanardi si è dichiarato soddisfatto, compiaciuto dal fatto che «il Parlamento non è un covo di drogati come alcuni avevano voluto dimostrare».

I risultati sembrerebbero smontare il precedente test a sorpresa delle Iene, tuttavia è doverosa una considerazione: il campione dei test è stato ottenuto in modo volontario e comprende circa un quinto dei parlamentari italiani. E i rimanenti? Chi è poi così sventato da sottoporsi, sua sponte, ad un test antidroga con la consapevolezza di consumare sostanze stupefacenti? Sarebbe inutile la caccia all’uomo perché il punto della questione non è tanto il nome del colpevole, quanto il peso che quello 0,5 % scarso assume, a fronte di queste riflessioni, in relazione alla credibilità di una classe politica.

Ma il caso più eclatante è molto più attuale e risale al 13 marzo 2014.

È l’arresto di Federica Gagliardi, sorpresa nell’aeroporto di Fiumicino dalla Guardia di Finanza di Napoli con 24 kg di cocaina distribuita nel bagaglio a mano composto da un trolley ed uno zainetto.

La malcapitata di ritorno da Caracas (meta nota per chi si interessa di traffico di cocaina), prima di essere stata portata nel carcere di Civitavecchia al seguito della convalida dell’arresto da parte del gip, ha avuto la faccia tosta di sostenere di essere stata incastrata da qualcuno. Era stata raggirata e ignorava il contenuto del bagaglio. Ci si potrebbe chiedere, con ironia, cosa avesse messo in valigia all’andata per portare con noncuranza 24 kg in spalla. Ma l’ironia lascia il posto alla rabbia e all’indignazione quando si apprende che la donna era la “dama bianca” di Berlusconi. Nel 2010, infatti, ha fatto parte della delegazione che ha accompagnato l’allora Presidente del Consiglio al G8 di Toronto.

Era nel comitato elettorale di Renata Polverini quando, durante il periodo di campagna elettorale aveva chiesto, in caso di vittoria, di partecipare ad una missione all’estero. Ed è stato proprio così.

Aveva seguito Berlusconi anche a Panama ed in Brasile ed è proprio lì, a San Paolo, che ha incontrato Valter Lavitola. Viene ripresa in un ricevimento ufficiale la sera in cui Berlusconi partecipò ad un seminario del Forum Italia-Brasil, sulle relazioni commerciali tra i due paesi. Un articolo pubblicato dal Fatto Quotidiano, rimanda alla galleria del sito del quotidiano Estadao di San Paolo che contiene le foto che documentano quanto affermato.

E’ lo stesso quotidiano che ha pubblicato la notizia del festino di Lavitola in onore di Berlusconi, in cui erano presenti sei ballerine di lap-dance invitate all’Hotel Tivoli con la promessa di un provino in Mediaset. La Gagliardi afferma di non essere una delle sei, ma a noi poco interessano, in fin dei conti, le vicende personali di questa donna. Il fatto che però non si può trascurare è la quantità del carico di cocaina. Probabilmente era destinata ai maggiori punti di spaccio della Campania e del Lazio. Non si può escludere che dovesse finire nel giro di qualche clan della camorra.

In un’ inchiesta di Roberto Saviano, pubblicata sull’Espresso il 21 marzo 2007, sono descritti minuziosamente i modi con cui la camorra organizza i trasporti della coca che finisce nelle più grandi piazze d’Europa e del mondo. Tutte passano per l’Italia.

L’Italia infatti è il paese dove si organizzano le macro-strutture del commercio internazionale di coca. Il business più redditizio dalla nascita del capitalismo può contare su un incremento annuo del 20% della domanda. Non c’è altra merce che eguagli la sua velocità di profitto e che possa vantare un continuo approvvigionamento. La ‘ndrangheta e la camorra riescono a garantire un giro di 600 tonnellate annue circa. E il tutto avviene attraverso broker incensurati che non hanno rapporti diretti con i clan e che quindi in caso di arresto non comporterebbero che minimi danni all’intero sistema.

E anche se non è facile riconoscere le infiltrazioni delle organizzazioni criminali nella politica, si può certamente affermare che capitali di queste dimensioni facciano gola a molti o quantomeno incidano nell’economia nostrana.

A quanto afferma, nell’articolo precedentemente citato, Maruccia, allora al Comando provinciale dei Carabinieri di Napoli, “È fondamentale comprendere come il mercato legale sia non soltanto infiltrato dai capitali generati dalla coca, ma fortemente determinato da questi capitali… …Le nostre ultime indagini dimostrano che Napoli è uno snodo centrale del traffico internazionale di coca, ma anche un punto di partenza per il riciclaggio, il reinvestimento, la trasformazione della qualità del profitto del narcotraffico in qualità economica legale.” E riprende: “È innegabile che la loro capacità di fare impresa della coca, sia la loro maggiore qualità.  Impensabile quindi continuare a osservare la coca come una dinamica esclusivamente criminale, la cocaina diviene una forma attraverso cui comprendere l’economia europea che non possiede petrolio, quello nero, e diviene sicuramente una porta d’accesso per comprendere l’economia italiana.”

E la politica italiana, sempre meno protagonista di scelte dettate dall’economia e sempre più declassata al ruolo di mera esecutrice di decisioni già prese al suo posto, non può che prenderne atto anche questa volta.

Nel 1988 la Convenzione di Vienna ha qualificato il “traffico illecito di droga” come “attività criminale internazionale” e pone a carico degli stati contraenti alcuni obblighi per conformare il diritto interno ai principi contenuti in questo provvedimento. Tuttavia ancora oggi sono molte le indicazioni che non sono state recepite e il lavoro da fare è tanto.

Inoltre il valore del “petrolio bianco” risulta sempre più competitivo e legato in modo ambivalente al mondo della politica. Restano aperte numerose questioni e molte domande non hanno ricevuto risposte. Le uniche che possono arrivare sono quelle sul campo: la professionalità nelle inchieste e un’opinione pubblica sempre vigile.

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