La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Il prezzo della passione: il restauro della tunica di Maometto

Scritto da – 25 Ottobre 2012 – 16:5916 commenti

In questo periodo di crisi economica, dove un impiego non è più un diritto ( il ministro Fornero ipse dixit) e la gente deve quasi ingraziarsi il volere degli dèi per una sedia remunerativa sotto al sedere, voglio raccontarvi di Marina, una mia cara amica e di una sua bella esperienza lavorativa. Marina Zingarelli nasce in provincia di Bari nel 1978, si diploma in Puglia, poi come molti altri giovani, finisce per specializzarsi altrove, a Firenze, diventando una restauratrice di manufatti tessili. Dopo aver svolto diversi lavori in questa città presso varie ditte e privatamente da libera professionista, nel 2009 riceve l’incarico di recarsi ad Istanbul, in Turchia, per rimettere a nuovo niente di meno che una tunica del Profeta Maometto.

Come ci riferisce lei stessa: “ Colsi al balzo l’occasione e arrivai nell’ex-Costantinopoli in qualità di collaboratrice esterna per la ditta italiana L.A.R.A., che si occupa di restauro e che ad Istanbul aveva in gestione diversi appalti. Ad attendermi allo scalo trovai un ragazzo di nome Emir, un collega che gentilmente mi misero a disposizione per risolvere eventuali problemi con la lingua locale e con il quale fin da subito instaurai un ottimo rapporto sia di squadra che di amicizia, che ancora oggi continua.

I lavori invece, a causa di vari disguidi burocratici iniziarono solo nel maggio del 2010, ma riuscimmo comunque a finirli in tempo per il Ramadan di quell’anno, che cadeva in Agosto. La tonaca di Maometto di cui dovevo occuparmi era conservata nella moschea di Hirka-i Serif, che significa proprio “la tunica del Sacro Profeta”. Tale luogo di culto fu costruito nel 1851 dal sultano Abdumelcid con l’unico obbiettivo di dare alla veste un sito sicuro dove giacere e conservarsi nel tempo. Infatti fino ad allora non aveva mai lasciato la camera sacra dove veniva custodita.

Il tessuto della tunica risultò già dalle prime analisi, essere molto sporco e macchiato, quindi per la pulitura si dovette procedere per gradi: la prima operazione fu quella dell’aspirazione delle polveri, poi si optò per un intervento localizzato invece che di uno via umido (cioè con solvente a base di acqua) per poter togliere i vari aloni senza però rimuovere gli eventuali residui corporei del Profeta. Questa reliquia per i religiosi musulmani infatti, ha un enorme valore simbolico e sacro, più di una volta mi è capitato durante il restauro si assistere ai devoti che si fermavano in preghiera e si commuovevano. Ma anche i funzionari di Stato che venivano in visita, non mancavano di sottolineare quanto fosse importante il mio operato, che per loro era come un ridare alla luce la religione stessa fondata da Maometto. A lavoro finito così, oltre a porgermi i ringraziamenti pubblici, mi portarono a vedere la seconda tunica appartenuta al Profeta, custodita nel museo di Topkapi e che in genere non viene mai mostrata in pubblico; ricordo con piacere le parole di Emir che mi accompagnò per l’occasione, mi disse: “di sentirsi uno degli islamici più fortunati al mondo!”.

E in un certo senso, anch’io se ripenso a tutta la mia esperienza vissuta ad Istanbul non posso che sentirmi fortunata. Il popolo turco è stato molto ospitale, eccetto per qualche diffidenza iniziale con il gruppo di restauro locale e qualche vicina di casa turca un po’ all’antica: ad esempio, se mi soffermavo a lavorare con il portatile sulla scalinata del portone d’ingresso dove abitavo, secondo lei poteva dare adito a certe “chiacchiere”… Per il resto è stato un soggiorno e un’esperienza che rifarei subito più che volentieri. Un bel ricordo che ho, sono i momenti di condivisione con la mia equipe di lavoro, che iniziava in genere con una colazione collettiva a base di: pomodori freschi, cetrioli, olive e feta da accompagnare con lo simith, una fantastica ciambella di pane con il sesamo; il pranzo invece si faceva presso una tavola calda spesato sempre dal titolare della ditta turca. Unica accortezza che dovevo avere, era quella di non prendere alcolici se nel gruppo c’era chi per motivi religiosi non poteva assumerne, ma era più una mia sensibilità che una imposizione, ero libera di bere e mangiare quello che più preferivo.

Ho trovato una cosa ad Istanbul che credo che nel nostro Paese si sia ormai persa: un grande senso del rispetto verso il prossimo e la presenza di solidi ideali…

Lo stesso settore del restauro italiano, è infatti l’esempio di questa mancanza, dove nonostante l’ elevate capacità e le professionalità che ci sono e che ci vengono richieste da tutto il mondo, nella nostra terra sono svendute alle ditte che offrono i prezzi più bassi, sminuendo così non solo il valore ma la qualità stessa della manodopera; in un settore dove i fondi stanziati dallo Stato o sono carenti o non ci sono proprio, se non per finanziare qualche mostra e festival dall’indubbio valore artistico…”

Guardo la mia amica Marina che continua a parlare e penso che la passione lavorativa in Italia non viene quasi mai premiata, in questo Stato dove si perdona un Dio che non paga le tasse e si cerca di ingraziarsi gli dèi delle lotterie per arrivare a fine mese, non c’è spazio per commuoversi davanti ad una reliquia, emozionarsi davanti ad un’opera d’arte. Quando l’evoluzione dell’animo umano smette di essere garantita dalla cultura, ma viene costretta a vivere solo sotto leggi economiche corrotte, si ritorna ad avere pensieri primitivi dove sopravvivere ogni giorno è più che sufficiente.

Ed è davvero una triste società quella che finisce col conoscere solo il prezzo delle cose ma non il loro valore; un grazie quindi a chi nonostante la difficile situazione del nostro Paese continua a credere nella propria passione facendone un lavoro vero.

 

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