La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Il fallimento della società dell’eguaglianza

Scritto da – 30 Gennaio 2012 – 17:193 commenti

Agli occhi del mondo quella in Siria non è che l’ennesima guerra, non è che l’ennesima giustificazione del potere armato nei confronti dei diritti civili, politici e umani di un popolo. Lo stato di perenne violenza che vige in tutta l’area mediorientale è divenuto ormai una consuetudine tanto da non scandalizzare più l’opinione pubblica. All’ombra di questa indifferenza la parola “Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo” è al centro di un vero e proprio abuso in continua crescita. Ancora una volta il concetto espresso dalla parola sottosviluppo va ad abbracciare quell’area semantica ed ideologica legata alla concezione “occidentale” del termine che trova le sue radici in un celebre discorso di Truman. Il Presidente avviò il mondo al concetto di “aiuto pubblico allo sviluppo” nel quale i Paesi occidentali avrebbero dovuto fornire capitali e assistenza tecnica a quella parte del mondo non ancora intaccata dal capitalismo con il fine ultimo di renderla una mera fotocopia di quell’America che si proponeva come esempio da seguire e da imitare. Era il 1949 e la teoria fu abbracciata dalla maggior parte degli economisti e dei politici del tempo e, facendo ricorso alla logica, perseguitata per un periodo storico del quale probabilmente non abbiamo ancora chiara la fine.

Esportare quella macchina industriale in terre dove l’assenza di alfabetizzazione, l’elevata mortalità infantile, le malattie e tanto altro la facevano da padrone, non fu sicuramente la mossa più lungimirante che si potesse intraprendere. Imprimere un marchio dai valori conservatori con obbiettivi progressisti in luoghi dove la terra era la prima ed unica fonte di sostentamento, fu il consapevole avvio di una guerra della quale si conoscevano già le sorti.

Oggi ci troviamo di fronte alle conseguenze: una vera e propria rivolta contro quel sistema. Da Tunisi a Damasco, passando per Nairobi, Teheran, Tripoli e molte altre città del grande medio oriente, la rivalsa su quell’imposizione ha raggiunto la stregua di un “genocidio” legalizzato. La morte non si ferma davanti all’età, al sesso e neanche al colore della pelle. Non riesce più ad impressionare né tantomeno ad interferire con la corsa al petrolio delle “grandi potenze” mondiali. La striscia di sangue e di senza tetto generata dal principio di legittimità non trova più spazio tra l’indignazione. Il denaro e il potere hanno sempre preceduto e continueranno a precedere le persone ed i diritti umani non rientrano in quell’area di interesse capace di mobilitare un sistema perché non sono in grado di produrre capitale. La vita di un individuo non rappresenta una parte attiva dello “sviluppo” economico di un Paese, non è che uno strumento.

Di fronte ad una completa assenza di logica risulta quantomeno difficile cercare un punto, fermarlo e provare a tracciare una linea di demarcazione che possa rappresentare una nuova spinta, una novità, il motivo di un sorriso. Dalla Siria uomini, donne e bambini scappano cercando di superare il confine correndo, nascosti come meglio riescono in mezzi di fortuna nella speranza di arrivare in quella terra chiamata Libano o Turchia e cominciare ad aspettare. Aspettare un permesso di soggiorno, aspettare il riconoscimento di rifugiati politici, aspettare la famiglia persa chissà dove tra il fuoco. In Siria qualcuno ha provato a tornare ma è stato accolto dai proiettili dei soldati di Assad, è stato accolto dalla bramosia di potere che la parola “occidente” condita dal denaro dell’oro nero ha iniettato nella terra.

Intanto centinaia di persone sono in pellegrinaggio. Dalla Tunisia all’Europa, dalla Libia verso l’Italia che tanti ne seppellì nel Mediterraneo, dall’Egitto ancora in Tunisia e così via. Spettri, fantasmi, il vero dramma della guerra, il fallimento della società dell’uguaglianza. Aspettano un giorno di poter tornare a casa, in quella casa dove i ricordi sono stati cancellati dalle bombe e il sangue ancora sporca le pareti. Intanto nella notte del 29 gennaio, a due giorni dal ritiro della Lega Araba dai bollenti territori siriani e a poche ore dalla morte di 40 persone tra civili, soldati e oppositori, nel centro di Damasco sono comparsi diversi carri armati targati repressione militare forzata.

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3 commenti »

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