La lezione delle donne iraniane
Il movimento femminista iraniano è risorto. Il presidente innalza divieti e loro insorgono, reagiscono e rivendicano i loro diritti come è giusto che sia. Gridano <<vogliamo la libertà>>, si ribellano al dittatore, incitano i propri uomini contro un regime brutale e barbaro nei confronti delle donne. Con Ahmadinejad eletto alla presidenza nel 2005 si è avviata una nuova fase di conservatorismo, culminata in questi giorni in una forte repressione. L’occidentalizzazione, da sempre, è stata una spinta al miglioramento. Ma non è un fenomeno facile da gestire, soprattutto per le donne iraniane. Non tutte sono d’accordo e non tutte allo stesso modo. D’altronde il canone occidentale che arriva a loro è quello passato dai media, in forte e sicuramente eccessiva opposizione rispetto alla tradizione islamica. I comportamenti emulati, spesso sono quelli peggiori, come l’uso di droghe e alcool e la promiscuità sessuale. Per questo le donne più attive politicamente si oppongono a tale fenomeno, soprattutto per non provocare il governo e gli esponenti della destra.
Un’occidentalizzazione indiscriminata e mal interpretata non sarebbe poi un vero miglioramento.
D’altronde pensare di prendere esempio dal nostro Paese significa confrontarsi con le immagini offerte dalla televisione e dai media in generale. L’immagine che passa della donna non è quella reale o quella e per la quale ha lottato.
In Iran uomini e donne, con un alto livello di preparazione, si organizzano, resistono, si ribellano pacificamente, auto-organizzandosi, senza prendere le armi. Dimostrando grande intelligenza , passione e coscienza politica.
In questi giorni, nelle piazze iraniane vengono urlati valori ben più alti di quelli che la nostra televisione continua a riproporci ogni giorno.
Queste “donne velate” ci stanno offrendo un grande insegnamento, ma poi, basta cambiare canale o o voltare pagina e, si sa, in Italia vince la “donna velina”. È lei che occupa le prime pagine di tanti giornali e invade gli schermi televisivi.
Il 22 giugno è morta Neda, considerata la prima martire di questo orrore iraniano. Neda, in persiano, significa voce, una voce che le è costata la vita.
E noi cosa ne facciamo della nostra voce? Le ragazze occidentali rappresentate dai media sembrano non averne. Accettiamo le parole del Presidente del Consiglio che invita una giovane precaria a sposare un miliardario per risolvere i suoi problemi economici (25 gennaio 2009, comizio elettorale a Sassari) o le teorie dello stesso secondo il quale per evitare gli stupri servirebbe un militare per ogni bella donna (6 febbario 2009), per non parlare degli ultimi avvenimenti dove la mercificazione della donna sembra all’ordine del giorno. Dopo tante, troppe, settimane a sentire parlare di tutt’altro tipo di donne, legate al mondo politico (ed ai politici), le donne iraniane ci fanno da maestre.
L’Iran, nonostante possa sembrare arretrato rispetto al nostro Paese, di fatto è una democrazia dove la partecipazione politica è altissima e spesso oceanica. È un paese ad elevatissimo tasso di crescita demografica (è pieno di giovani) e un’alta alfabetizzazione (l’86%). Due caratteristiche che lo rendono un Paese a rischio di rivolte, quelle che mancano nel Nostro, quelle che seppur vivaci, non hanno risonanza e vengono messe a tacere.
Le donne iraniane oggi sono in prima linea. Percosse e scoraggiate ormai nel profondo, oggi non hanno paura di rischiare. E le donne italiane?
Intanto si accendono i riflettori per una nuova stagione di Miss Italia.
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