La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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L’alienazione del Diritto

Scritto da – 18 Gennaio 2012 – 18:39Un commento

Parlare dell’ipocrisia mondiale sui diritti dell’uomo e sulla parità dei sessi potrebbe apparire niente di più di un clichè o di una chiacchiera da bar vagamente altolocato. Purtroppo per dare manforte a questo dato di fatto, non posso non fare un piccolo riferimento agli avvenimenti che da anni rendono la Repubblica Italiana fondata sul lavoro, sulla laicità statale e sulla completa uguaglianza dell’uomo nel termine più ampio della parola che racchiude uomini, donne e bambini, un mero argomento di divertimento mondiale. Per non fare del semplice populismo bisogna ammettere che negli ultimi decenni l’attenzione a queste problematiche è quantomeno raddoppiata e che sempre più persone, solitamente giovani e sognatori, si stanno mobilitando in direzione contraria al trend generale. Ma se lo scandalo all’italiana non fa più scalpore tra i confini del Bel Paese, ancora più preoccupante è la situazione fuori dai confini “occidentali”.

Nei paesi raggruppati sotto il nome  “medio oriente” o  “paesi dell’est”, la concezione di questi diritti vive su una linea propria che sempre più spesso si allontana radicalmente dalla definizione di diritto reperibile su un qualsiasi dizionario. In ultimo, non posso esimermi dal commentare in modo negativo il lavoro svolto dai mezzi di informazione o “mass-media” che dir si voglia.

Nell’Europa del progresso, le macabre notizie relative a omicidi d’onore e a barbare pratiche atte a privare la libertà personale o a provocare danni spesso irreparabili alla salute di un individuo, sono scomode ed oltre a faticare ad emergere, le rare volte che compaiono sulla scena sono trattate come casi isolati avvenuti in paesi lontani ed ancorati ad una concezione socio-economica medioevale. Il vero dramma è la superficialità con cui queste tematiche vengono riportate e le successive disastrose conseguenze. Un esempio chiarificatore e Kantianamente logico è il successo che un partito razzista e xenofobo, oltre che anticostituzionale, come la Lega Nord raccoglie tra i cittadini italiani. False credenze e scarsa oltre che erronea informazione, accostate all’abbassamento culturale generale, sembrano quindi essere le cause di questa ennesima “piaga sociale”. Essendo io uno di quei sognatori, la mia risposta è no. Quelle che ho chiamato cause, non sono altro che la punta dell’apice su cui vertono l’omertà e  l’inspiegabile impotenza del raziocinio umano prestato all’argomento.

Per comprendere il termine diritti inalienabili dell’uomo, ampiamente e almeno teoricamente tutelati dalla Convenzione di Ginevra che nella quarta parte datata 22 Agosto 1949 argomenta la privazione dei suddetti diritti in situazioni di guerra, è necessario ripartire dalle radici e ricordarsi che ogni individuo gode di tali diritti nel momento stesso in cui viene dato alla luce indifferentemente dal colore della pelle, dalla religione, dal sesso, dall’appartenenza sociale ma soprattutto dal luogo nel mondo nel quale è stato concepito. Analizzando la “piaga sociale” alla luce di questa definizione, ma soprattutto cogliendo l’importanza datagli dai costituenti, non possiamo certo imputare le cause semplicemente ai mass-media ma al contrario dovremmo farci carico delle nostre responsabilità e delle nostre mancanze.

Nei paesi di impronta musulmana ed islamica, nonostante il Corano condanni tali comportamenti ed anche se negli ultimi anni la gravità della situazione sia leggermente diminuita, alla donna è concesso il solo diritto di dare alla luce delle creature. Ancor più terrificante è sapere che, soprattutto nelle zone a scarsa densità di popolazione, se il frutto di un’unione è di sesso femminile, in molti casi non gode nemmeno del “privilegio” di essere registrata all’anagrafe,  il che ne renderà più facile l’uccisione in caso di “peccato”. Di fronte ad un’atroce verità come questa, la mercificazione della figura e del corpo femminile in atto nei paesi europei, la conseguente importanza che l’immagine acquista a discapito delle qualità intellettuali e i processi che genera incontrano innumerevoli ostacoli per rientrare nell’omissione di un diritto.

Anche in questo caso un ragionamento di questo genere non risulta essere altro che una scusa, un’ennesima occasione sprecata. Le due situazioni, sebbene sviluppatesi in due contesti ed in due maniere completamente differenti, rappresentano la stessa faccia della medaglia. Basta fare mente locale a quanto fino a pochi decenni fa, ed in alcuni casi ancora oggi, succedeva in Italia per renderci conto che il secondo esempio non sia altro che la “democratica” evoluzione del primo e che quest’ultimo non rappresenti un traguardo accettabile comparato alle forze e alle risorse dispiegate per contrastarlo.

Concludendo, vorrei precisare che questo articolo non è stato scritto con lo scopo di suscitare indignazione nè tantomeno con l’intento di fomentare odio. Con le mie parole vorrei riportare il problema ad una dimensione possibile all’interno della quale ognuno di noi ha il dovere di fare la sua parte perché una bambina o un bambino nati in Turchia o in Iran o in qualsiasi posto nel mondo deve avere la possibilità di avvalersi degli stessi diritti di una bambina o di un bambino nato in Italia, in Germania o in un qualsiasi altro Paese presuntuosamente chiamato “sviluppato”.

 

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