La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Donne media e potere: come il Potere e i media trattano il “corpo” delle donne

Scritto da – 7 Settembre 2010 – 08:19Nessun commento

Durante il Festival Internazionale del Giornalismo, svoltosi a Perugia dal 21 al 25 aprile, si è potuto assistere ad un interessante ciclo di incontri dal titolo “Donne, Media e Potere”. Si sono susseguiti quattro appuntamenti che hanno messo a confronto grandi firme del panorama giornalistico nazionale e internazionale. Tanti, i temi trattati e le problematiche messe sul tavolo: dal ruolo della donna all’interno della famiglia, all’esclusione dalle posizioni lavorative di prestigio, alla strumentalizzazione del corpo fino alla posizione all’interno della società occidentale ed islamica. La prima osservazione che viene da fare è che sia a dir poco “curioso” il fatto che nel 2010 si ritenga ancora necessario parlare del ruolo della donna come fosse un qualcosa di avulso dal resto.  Tra l’altro all’interno di un mondo, quello del giornalismo, che si dichiara tra i più aperti e meno conservatori.

Tra gli ospiti del primo incontro, uno degli interventi più accorati è stato senz’altro quello di Concita De Gregorio, Direttore del quotidiano L’Unità, che ha sottolineato come, al contrario di quello che si potrebbe pensare, la condizione femminile sia molto peggiorata “in un’era in cui le ragazzine si affidano ai book fotografici per cercare di trovare un lavoro”. Ma il fatto ancora più preoccupante, ha sottolineato la giornalista, è che la donna venga ancora considerata una categoria a se stante; la necessità di “smettere di parlare di uomo-donna ed applicare altre categorie, prima fra tutte quella di individuo” è stata sottolineata anche da Emilio Carelli, direttore di Sky Tg24.

La posizione di Alessandra Arachi, del Corriere della Sera, è leggermente più ottimistica: “Quando ho iniziato a scrivere, pensare a dei capi-servizio donne era inconcepibile, mentre oggi al Corriere della Sera siamo equamente ripartiti tra uomini e donne. Sono convinta che da questo punto di vista un progresso notevole ci sia stato. Quello, purtroppo, a cui stiamo assistendo è una retrocessione collettiva dell’intera società. La cooptazione non è di genere, è sia maschile che femminile e i diritti che vengono a mancare, vengono meno per entrambi”.

Attraverso la voce di  Joumana Haddad (An-Nahar) si è potuto gettare uno sguardo sulla condizione della donna nel mondo islamico, allargando il discorso anche alla sfera religiosa:  “Il velo o il Burqa coprono il corpo della donna che rappresenta una tentazione per gli uomini. In questo senso la religione ha contribuito a trasformare il corpo della donna in “peccato”, un oggetto di desiderio e di paura. In Libano le donne che portano la minigonna si sentono emancipate, ma l’emancipazione è altra cosa, la si raggiunge con le leggi”.

Nel secondo incontro, che ha visto come ospiti Laura Laurenzi di Repubblica, Maria Laura Rodotà del Corriere della Sera, Cristina Silvieri Tagliabue de Il Sole 24 Ore, vengono snocciolati dati allarmanti: la Federazione Internazionale dei Giornalisti prospetta una parità nel 2075! La Laurenzi ribadisce il concetto, richiamando i numeri della sua testata e censendo 471 giornalisti con 160 donne e due soli caporedattori agli esteri ed allo spettacolo. Una situazione dunque che appare peggiore di quella di molte aziende, dove ultimamente sembrano fatti dei passi in avanti.

Un incontro particolarmente interessante è stato l’ultimo, in occasione del quale si è trattato dello scottante e attuale tema del velinismo poltico. “Il velinismo politico non ha niente a che vedere con quello che potrebbe spiegarci Antonio Ricci a Striscia la Notizia. È un fenomeno che nasce nel momento in cui la velina diventa ‘politica’, cioè quando le donne dello spettacolo utilizzano l’avvenenza del proprio corpo per entrare nel mondo della politica”. Questa è la definizione che ne dà Caterina Soffici, scrittrice e giornalista de Il Riformista.

Il fenomeno è tutto nostrano (difficile anche tradurre l’espressione in altre lingue), come sottolinea anche Sofia Ventura, docente e ‘faro’ della Fondazione FareFuturo: “La specificità del caso italiano, in un contesto in cui in tutti i Paesi la politica si nutre di immagini, sta nel fatto che l’immagine diventa di per se soggetto e oggetto della politica. In Italia basta essere una bella ragazza e ci si sente legittimati a fare politica”. Il mantra di starlettes e showgirl oggi in Parlamento è “Essere belle non è un delitto!”. Nessuno lo crede (si può addirittura essere belle e anche intelligenti!), ma non è un buon motivo per diventare ministri; figuriamoci poi se Ministro per le Pari Opportunità…

E’ dunque introdotta da Luca Telese, moderatore dell’incontro, la questione della crisi d’identità della donna del secondo millennio: costretta a confrontarsi con troppi modelli (angelo del focolare, velina, donna in carriera…) non fa emergere un modello positivo dalle professioni intellettuali. Il giornalista però “ci giustifica” affermando che il maschilismo è ancora forte e che la donna si trova ad affrontare un carico di problemi e responsabilità maggiore di quello, già oneroso, della società di oggi. In ambito lavorativo ancora le collaboratrici più valide si sentono dire: “Ragazze ma perché restate in cinta?”.

In questo scenario di certo sconfortante appare chiaro che manca un modello dominante e positivo da imitare. Indicativo sulla condizione femminile il fatto che l’unico mondo in cui la donna riesca ad emergere è lo sport; ovvero, il mondo dove più di tutti le donne sono in quota, dove non esistono gare miste e ognuno gareggia per la sua categoria.

A questo punto sorge spontaneo l’interrogativo: a favore o contro le famigerate quote rosa? Risponde giustamente la Soffici: “Io ero contraria, ma, data la situazione attuale, ora sono per le quote rosa dappertutto!”. È infatti recente la notizia secondo cui Chantal Brunel, deputata di Ump, il partito di Nicolas Sarkozy, ha presentato una proposta di legge che propone di “istituire meccanismi ancor più vincolanti” per penalizzare i partiti che fanno eleggere poche donne. “Non esiste neanche più” continua Telese “un movimento come quello femminista (con tutti i suoi pregi e i suoi difetti) che crei uno spazio dove la donna possa esprimere un pensiero forte”.

Al termine di questi dibattiti si è cercato di dare delle risposte concrete su come risolvere la situazione: un sistema sociale che tuteli le donne e il loro diritto alla maternità ed al lavoro. Si è guardato agli altri Paesi Europei dove la situazione è di certo migliore: in Germania sono stati stanziati dei finanziamenti per le famiglie indigenti che prevedono 180 € al mese per figlio fino al compimento del diciottesimo anno di età e l’apertura di moltissimi asili nido pubblici.

Non sono poi mancati di certo i mea culpa: le donne non sono solidali, hanno paura delle responsabilità e dovrebbero credere più in loro stesse. Forse. Ma probabilmente troppo spesso sono costrette a scegliere tra avere un ruolo pubblico, una vita lavorativa soddisfacente e una carriera e l’essere mogli e madri di famiglia.

E vero, è difficile trovare un modello di donna soprattutto giovane, che emerga, ma le possibilità a disposizione delle donne sono davvero poche, costrette a subire questa “dittatura delle veline”; è  paradossale ma sembra essere l’unico percorso possibile di mobilità sociale. “Perché non esiste un Saviano donna?” chiedeva Luca Telese. Non abbiamo una risposta a questa domanda, ma immaginando un Saviano donna, è facile pensare che ogni volta che comparisse in video verrebbero fatti commenti sulla marca dei suoi vestiti e scarpe, oppure che l’attenzione si sposterebbe sul suo taglio di capelli. Spesso sottoposte a giudizio, difficilmente prese sul serio. Meno male che siamo nel 2010…

Marta Mancuso


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