La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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L’uomo nell’ombra. Polansky nel segno di Hitchcock

Scritto da – 5 Settembre 2010 – 19:04Nessun commento

Nella ricorrenza del 30° anniversario della scomparsa del “Maestro del brivido”, potrebbe essere una felice occasione poterlo ricordare attraverso il nuovo film di Roman Polanski “L’uomo nell’ombra”. L’ultima opera del regista Polacco, premiata con l’Orso d’argento al 60° Festival di Berlino, è infatti avvolta da chiare atmosfere hitchcockiane, pienamente colte dalla critica e confermate dal co-sceneggiatore-autore del best seller “Il Gostwriter” da cui il film è tratto, Robert Harris. Quest’ultimo, infatti, nel tentativo di dissipare il sospetto che uno dei personaggi del libro, Adam Lang, fantomatico ex primo ministro inglese accusato di connivenza con gli Stati Uniti nella tortura di terroristi islamici, sia una proiezione di Tony Blair, ha dichiarato non solo di amare Hitchcock, ma di aver avuto come principale fonte d’ispirazione “Intrigo Internazionale”.

Proviamo, quindi, ad accostare la popolare spy-story del ‘59 al Polanskiano “L’uomo nell’ombra” in una mappatura di rimandi e differenze.

I protagonisti di entrambi i film sono presentati allo spettatore nei rispettivi avidi contesti di lavoro. Nelle due introduzioni è evidente la stessa determinante cromaticità: il grigio degli uffici, il rosso/giallo dei bus londinesi e dei taxi newyorkesi, il blu di contrasto, che persisteranno in tutti i successivi ambienti, oltre quello professionale, ovvero l’editoria per l’anonimo gostwriter inglese (Ewan Mcgregor) e la pubblicità per l’agente americano Roger Thornhill (Cary Grant) .Entrambi sono persone comuni che improvvisamente si ritrovano coinvolti in situazioni di rischio estremo  come rapimenti e aggressioni (1° topos hitchcockiano). Tuttavia, sin dal principio i due personaggi si contraddistinguono per una netta peculiarità: se Thornhill è costantemente chiamato col proprio nome, per rimarcare il gioco spionistico di scambi d’identità di cui è vittima, il gostwriter, incaricato di sostituire il biografo deceduto dell’enigmatico Adam Lang (Pierce Brosnan) per ragioni di sicurezza non sarà mai nominato direttamente.

Le due vicende si dipanano per lo spettatore secondo un diverso tenore narrativo, ovvero coincidente con le indagini del protagonista ne “L’uomo nell’ombra”; secondo lo scarto di informazioni tra personaggi e pubblico in “Intrigo Internazionale”(principio della “Suspense” alla Hitchcock).

Oltre questo, “L’uomo nell’ombra”, a differenza del riferimento hitchcockiano, non sviluppa una vera e propria love-story, quale trama comprimaria, tra l’anonimo scrittore e la misteriosa ex first lady, Ruth; piuttosto, nella relazione tra i due (e non solo) mantiene certe venature ironiche delle situazioni, per quanto anch’esse finalizzate al crescendo della tensione.

Resta, tuttavia, che sui protagonisti di entrambi i film gravi una pesante minaccia legata a qualcosa in loro possesso. Siamo, dunque, all’individuazione del famoso “MacGuffin”.Si tratta semplicemente di segreti di Stato e biografie compromettenti?

Polanski ed Harris si rifanno ad “Intrigo internazionale” per costruire un thriller vero-storico che affronti la “Politica”, in questo caso quella filo-americana degli ultimi decenni.  

Inoltre,  i protagonisti a confronto sono nettamente associati dal fatto di ritrovarsi entrambi, volenti o nolenti, a rievocare il passato di personaggi sconosciuti (il precedente gostwriter morto in oscure circostanze, per l’uno; un agente-fantoccio del controspionaggio americano l’altro).

Emblematico del parallelismo è il modo in cui sia Ewan Mcgregor sia Cary Grant entrano in contatto con i rispettivi alter ego-fantasma: entrambi rovistano negli armadi e tra gli abiti di questi evanescenti figure in cerca di indizi chiarificatori.In questo avvicendarsi di ricorsi “L’uomo nell’ombra” interpone addirittura una chiara sequenza di rimando (o tributo?) ad un altro dei più celebri capolavori di Alfred Hitchcock “La donna che visse due volte”. Il gostwriter-Mcgregor, nell’intento di ricostruire e svelare le scomode verità che condussero il suo predecessore alla morte, ripercorre, guidato da un GPS preimpostato da quest’ultimo, Km per Km, minuto per minuto, il suo inquietante viaggio di andata senza ritorno, riuscendo però a sfuggire al tragico epilogo.   

Ci si potrebbe ancora dilungare sulle similitudini che accostano i due film, ma preme piuttosto, come direbbe Hitchcock stesso “tagliare le parti noiose” e saltare al finale. Se in “Intrigo Internazionale” l’epilogo è affidato ad un epico inseguimento sul monte Rushmore, la conclusione de “L’uomo nell’ombra” segue solo stilisticamente lo stile hitchcockiano, in quanto demandata ad un “particolare significante”, scrigno di verità (per Es. la lettera M – come “murder”- dei tasti del telefono digitati in “Delitto perfetto”).

Nel film di Polanski, infatti, la verità svelata dal gostwriter, passa di mano in mano scritta in un biglietto, ripreso in dettaglio, destinato a Ruth. Tuttavia, nel momento stesso in cui viene denunciata pubblicamente la verità torna ad essere sepolta nell’omertà dei suoi custodi. Vivi o morti che siano.

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