De Sade in mostra. Attaccando il sole
“Il crimine è una voluttà come un’altra” (G. Flaubert, Novembre)
In un epoca in cui il termine “politicamente corretto” viene usato ed abusato, necessario complemento di ogni discorso, portandoci morbosamente a soppesare ogni suono che emettiamo, cercando di forzare un equilibrio talvolta necessario, talvolta patetico, il Musée d’Orsay punta tutto su una mostra che di questo “politicamente corretto” non ha traccia, dedicando le sue sale a una delle personalità più controverse nella storia della letteratura: Donatien-Alphonse-François de Sade, l’arcinoto e perverso Marchese. Attraverso una labirintica esposizione, ripercorriamo la filosofia di Sade attraverso opere di ogni genere. Entrando, sono mostrati spezzoni di film-scandalo; le immagini di “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pasolini scorrono in una sala proiezioni scura. Sospese nell’aria anche scene tratte da “Lui” di Buñuel o da “L’occhio che uccide” di Michael Powell. In sottofondo si sentono le grida, i singhiozzi, l’atmosfera di terrore proveniente dagli schermi sospesi. Dopo aver ben disposto gli animi al resto della mostra, iniziamo a percorrere l’esposizione. Dopo aver letto l’obiettivo ultimo della mostra, che si ripropone di analizzare l’impatto rivoluzionario della filosofia del marchese sui posteri non solo in letteratura ma più generalmente nella concezione della vita, della morte e della perversione, il primo incontro è con un Degas che, lasciando da parte le storiche ballerine, imprime sulla tela delle desolate “Scene di guerra nel Medio Evo”. Il resto della mostra si snoda tra tele sublimi che ci presentano le varie sfaccettature del pensiero di de Sade tra desiderio, crudeltà, violenza e disperazione (“Il silenzio” di Füssli, “Il vizio” di Von Stuck, “L’apparizione” di Moreau e “Cannibali” di Goya) e sculture tragiche, forti ed innovative (“Busto di donna” di Fragonard, “Teoria delle perversioni” di Jean Benoît, “L’impossible III” di Maria Martins).In questo percorso di immagini crude, sangue, ossa, trovano spazio l’inconscio e la dimensione dell’incubo, attraverso disegni come quelli del troppo spesso sottovalutato artista austriaco Alfred Kubin, che in questa mostra trova una degna collocazione con diverse opere esposte tra cui ricordiamo “La donna a cavallo”, “Dream animal” e “Fuochi d’artificio”. Anche le stampe di Aubrey Beardsley completano il quadro dell’atmosfera onirica che accompagna molte stanze della mostra. La tortura, antica e moderna, è anch’essa protagonista di stampe e fotografie (tra cui spiccano opere di Man Ray), rendendo la visita forse non particolarmente adatta ai deboli di stomaco.
Accanto alle opere, citazioni dalle opere di Sade e altre fonti da essa contaminate, mantengono il visitatore sempre collegato al mondo letterario, alla forza degli scritti del marchese:
“La crudeltà non è altro che l’energia dell’uomo che la civiltà non ha ancora corrotto.” (D.A.F. de Sade, La filosofia nel boudoir)
“Qualsiasi male è giustificabile nel momento in cui un dio si compiace nell’osservarlo.” (F.Nietzsche, La genealogia della morale)
Una raccolta di spiriti coraggiosi che hanno attraversato ogni epoca rappresentando l’irrappresentabile, facendo leva contro le proprie repulsioni per potersi anche solo mettere all’opera. Il volto crudele dell’essere umano è smascherato, così come la sua debolezza di fronte alla propria natura perversa e meschina. Una mostra di carne e di materia inconscia, forte dell’appoggio di spiriti ribelli come quello del marchese, che senza falsi buonismi rivela e svela un uomo spesso nascosto per paura o per morale imposta. Il Musée d’Orsay ha riunito capolavori spesso dimenticati che fanno parte di un filone artistico che attraversa le epoche e che scavalca la censura. Non per creare dei mostri, ma per conoscere quelli che cerchiamo sempre di nascondere, come la polvere, sotto il tappeto.
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