La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

Leggi l'articolo completo »
Società

immersione esistenziale del tessuto del sociale

Politica

Dagli alti ideali ai bui sottoscala del Parlamento. Spaccato sulla sfera Politica di una Italia in declino

Scuola e Università

Vita tra le mura d’Ateneo: l’orizzonte universitario

Cultura

Arte, Musica, Letteratura. Dalle Humanae Litterae, il pane dell’Anima

Informazione

Dalla televisione alla carta stampata. Le mille sfumature del giornalismo.

Home » arte

Adolfo Wildt: l’ultimo dei simbolisti

Scritto da – 29 Febbraio 2016 – 10:43Nessun commento

wildt vir temporisLa cornice neoclassica di Villa Reale a Milano si apre nuovamente a uno dei grandi nomi della scultura otto-novecentesca. La mostra, visitabile fino al 28 febbraio, si incentra sulla figura di Adolfo Wildt.
Di lontana ascendenza svizzera, ma milanesissimo di famiglia, lo scultore è fin dagli esordi una figura atipica. A differenza dei contemporanei artisti da Accademia si forma nella bottega di Grandi, acquisendo un’eccezionale capacità tecnica. Il marmo, terra d’elezione, esce dalle sue mani levigato e splendido come una statua di Canova, del quale però rifiuta la pacata serenità. Ed è proprio per questa motivo che l’artista fatica a trovare la propria strada nell’ancora apollineo panorama italiano coevo.
La sua fortuna è infatti inizialmente legata alla figura del collezionista e mecenate prussiano Franz Rose, che lo ammetterà nelle sue grazie dopo aver visto la splendida Vedova, presente anche in mostra. Ma sarà tutto quanto il panorama germanico, allora in grandissimo fermento, a esaltarne il valore, comprendendo la portata innovatrice del suo linguaggio. Non a caso le scuole secessioniste mitteleuropee, prima fra tutte quella di Monaco, lo inseriranno fra i propri modelli. In patria, invece, viene conosciuto grazie alla sua introduzione nel salotto di Margherita Sarfatti, uno dei fulcri culturali della prima Italia fascista. In un contesto come questo, non possono che essere apprezzate soprattutto le sue figure imponenti e solenni, i suoi uomini scavati di forza, le sue madri giovani e devote.

Ma sotto una patina appena accennata di roboante retorica fascista, l’umanità di Wildt è tutt’altro che eroica. Tutte le sue donne, che siano vedove, madri o martiri cristiane, tutte sono splendide e perlacee vergini dai lineamenti dolcissimi, pacificamente addolorate, quasi rassegnate, chiuse in quella che si direbbe estasi o sonno o morte, appena visibile dietro le palpebre leggermente dischiude. Drammaticamente antipodici gli uomini, spesso enormi, sproporzionati. Quasi goffi, nei corpi obbligati a pose innaturali, nei volti stravolti, dolorosi fino alla smorfia. Spasmodicamente indagati fino nel dettaglio, come testimoniano le grandi prove di orecchie presenti in mostra, i suoi soggetti sembrano scavati più nella luce e nell’ombra che nel marmo, lasciando intravedere reminiscenze neogotiche, espressioniste, classiche e rinascimentali. Lo stesso pathos disperato si riverbera negli autoritratti, nelle maschere vuote e imploranti, aggrottate fino a risultare quasi caricaturali, con le loro fronti sporgenti e le sopracciglia disegnate a tratti spessi. Ne risulta un panorama tutt’altro che rassicurante, in cui il dolore si fa condizione esistenziale e inconsolabile, anzi doppiamente condannata alla deformazione grottesca del corpo.

In un panorama come quello del primo Novecento italiano, in cui è ancora tanto difficile trovare una forma nuova per un pensiero, un sentire nuovo (e l’intera Galleria di Arte Moderna in Villa Reale ne è testimonianza), Wildt è il formulatore di un linguaggio diverso, capace di parlare di un’angoscia ancora sconosciuta, divorante, intima.
E non saranno pochi gli allievi che seguiranno il lanternino dello scultore milanese che spiana la strada nuova. E dai volti deformi di Wildt si arriverà così alle Attese iconoclaste di Fontana, dove l’ombra tanto cara al maestro diventerà fulcro di tutta quanta l’opera è vettore di un’altra Arte, che proprio con Wildt muoveva i primi inconsapevoli passi.

Forse potrebbe interessarti:

  • No Related Posts

Facebook comments:

Lascia un commento!

Aggiungi il tuo commento qui sotto, oppure esegui un trackback dal tuo sito. Puoi anche iscriverti a questi commenti via RSS.

Sii gentile, rimani in argomento. Lo spam non sarà tollerato.

È possibile utilizzare questi tag:
<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito web supporta i Gravatar. Per ottenere il proprio globally-recognized-avatar, registra un account presso Gravatar.