imPar Condicio. Il diritto di non sapere
La legge istitutiva della par condicio, in vigore dal 22 febbraio 2000, regolamenta la presenza in TV dei politici durante le campagne elettorali e impone a tutte le trasmissioni un controllo anche sui contenuti. Questa legge è stata, purtroppo, fin troppo spesso usata come la barricata dietro cui ripararsi per mettere dei limiti alla presenza, televisiva e non, di personaggi scomodi. Un esempio abbastanza recente è accaduto alle elezioni europee del 2009, quando l’intervista al vignettista Vauro e a Beatrice Borromeo è stata tagliata nella trasmissione di Daria Bignardi, L’Era Glaciale, adducendo proprio questo pretesto; il motivo reale era, ovviamente, che si erano toccati argomenti scottanti, come la difficoltà ad andare in onda della trasmissione di Rai2 Annozero.
Non parliamo poi di come l’attività giornalistica sia quotidianamente limitata per motivi di par condicio: i dibattiti vengono mandati in onda con timer che segnano il tempo in sovraimpressione, alcune frasi devono essere lasciate a metà per non “sforare”, addirittura a volte non è possibile neppure nominare un politico durante le campagne elettorali…Questi i limiti di una legge che costituisce senz’altro un’anomalia nel panorama europeo occidentale e non solo.
Importante è, però, tenere ben presente che la legge sulla par condicio è un tentativo, compiuto dal centro-sinistra, di arginare una situazione dove il potere politico viene a convergere con quello economico e quello della comunicazione: ben più grave anomalia italiana. Ora, però, questa stessa legge prevede una netta distinzione tra i programmi di comunicazione politica, le cosiddette “tribune elettorali”, e i programmi d’ informazione politica, ovvero quelli in cui vengono trattati diversi argomenti alla presenza di politici, chiedendo loro come pensano di comportarsi a riguardo.
E’ infatti possibile per trasmissioni di approfondimento come Annozero, Ballarò, In mezz’ora, Porta a Porta affrontare argomenti di attualità in un contesto narrativo-argomentativo, rispettando sempre e comunque un equilibrio tra le parti. Ciò è dovuto al fatto che la responsabilità delle notizie è da ricondursi alla testata giornalistica di cui le suddette trasmissioni fanno rispettivamente parte. Come tutti, però, sappiamo che recentemente la Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai ha approvato un nuovo Regolamento in vista delle scorse elezioni Regionali.
A parte le implicazioni più propriamente politiche –o per meglio dire partitiche- (che sono comunque previste dal nuovo Regolamento poiché sono negate le tribune politiche a chi non ha raggiunto la soglia del 4% alle Europee), l’obbiettivo era, nella fattispecie, portare i canditati (tutti!!) in prima serata, quando il numero di telespettatori è molto alto. Sfugge il particolare che non è la presenza televisiva che misura l’importanza e, ancora di più, lo spessore di un politico. L’assoluta impossibilità di mettere in pratica un regolamento tanto contorto, invitare e intervistare un numero così alto di politici in un lasso di tempo così limitato, ha fatto prendere al CDA della Rai la decisione di “sospendere temporaneamente, per il periodo relativo alla seconda fase della campagna elettorale, la messa in onda di Porta a Porta, Annozero, L’Ultima Parola e Ballarò, sostituendoli ove possibile con tribune elettorali” (di cui non c’è stata traccia).
L’importanza di una tribuna politica è fuori discussione, ma non è possibile eliminare un programma di approfondimento per sostituirlo con essa. Perché non riservarla ad un’altra serata? Perché non aggiungere voci invece che toglierle? La decisione ha implicato che si arrivasse al voto senza che vi siano spazi per approfondire le notizie ed i programmi, ledendo i diritti all’informazione di tutti i cittadini. I telegiornali, però, hanno continuato ad andare in onda ma questo, “visti i comportamenti dell’attuale direzione del Tg1, non può rassicurare nessuno”, ha affermato lo stesso consigliere d’amministrazione Rai Giorgio Van Straten.La Rai ha dunque rinunciato a mettere in atto la sua funzione di servizio pubblico in tutte le sue forme. Il lavoro di giornalista è totalmente compromesso e vanificato. Il cittadino è fortemente penalizzato. I recenti accadimenti non hanno nulla a che fare con la par condicio. Se si potessero chiamare le cose con il proprio nome non si parlerebbe di par condicio, si parlerebbe di censura e di telespettatori, non cittadini.
Marta Mancuso
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