La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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In viaggio contro la violenza: reportage dal Senegal

Scritto da – 29 Agosto 2010 – 12:33Nessun commento

La seconda volta, spesso è una pallida imitazione della prima. Soprattutto durante un viaggio che ripercorre tappa per tappa un percorso già battuto. Ma in questo caso è diverso; è diverso perché l’Africa non si lascia senza ammalarsi di nostalgia. È diverso perché si continua un progetto, con l’aspirazione di dare una direzione al mondo.  L’industrializzazione travolge come un fiume tutto quel che incontra. E laddove dirompe improvvisa l’effetto è ancora più evidente. Dakar cambia il suo volto come se fosse una maschera. Infrastrutture avveniristiche, groppi di strade e di edifici fanno da contrappunto a fiumi di sabbia e di case a metà. Le strade principali e la zona aeroportuale sembrano meno selvagge della prima volta, ma i quartieri residenziali non sanno ancora cos’è l’ordine e la disciplina. Il volto pulito di Dakar rassicura ma annoia. Meglio la giungla, con tutte le sue contraddizioni.

Abdoulaye Wade è presidente della repubblica senegalese dal 2000. Prima di lui, il Paese ha attraversato 40 anni di socialismo, prima con Leopold  Sedar Senghor (1960- 1981) e poi con Abdou Diof (1981-2000). Il PDS (Parti democratique senegalaise) di Wade quell’anno vinse con risultati pressoché plebiscitari. È a lui che si devono gran parte delle infrastrutture e degli ammodernamenti. La sua politica sociale, però, non ha raggiunto gli stessi risultati.

In 9 anni le storie d’amore, persino le più solide,  s’incrinano, a volte addirittura finiscono. Le elezioni amministrative di marzo hanno visto il figlio del presidente, Karim Wade, candidato alla presidenza del distretto di Dakar, subire la sua prima pesantissima debacle politica. Forse in Senegal, nel 2012, data delle prossime presidenziali alle quali anche il giovane Wade doveva candidarsi, si chiuderà definitivamente l’epoca dei regimi dinastici.

È evidente che chi arriva in Africa senza vestire solo i panni del turista ha di fronte un aut aut: essere continuatore dell’imperituro ordine delle cose, della visione occidentalizzante del continente africano come fonte inesplorata di risorse di ogni tipo, oppure farsi promotore di qualcosa di nuovo e fare dell’Africa un laboratorio di esperienze. Il progetto del Movimento Umanista, che mi ha condotto fino al Senegal,  muove nella seconda direzione, e non solo in Africa. Quest’anno lo farà attraverso la Marcia Mondiale per la pace e per la nonviolenza, un evento che mira all’unione di tutta quella corrente di pensiero che finora è rimasta ammutolita di fronte alla violenza, ma che ora vuole uscire allo scoperto. Si tratta di ricomporre una coscienza, di rianimare un anelito di speranza, di resuscitare un’aspirazione, abbandonata forse per assenza di coraggio e determinazione: l’aspirazione alla nonviolenza gandhiana, a quella forza che s’esprime senza coercizione e senza imporre dolore fisico o sofferenza mentale.

L’evento parte il 2 ottobre 2009 da Wellington e dopo 160000 km si arriva in Argentina, a Punta de Vacas, nelle Ande. Si attraversano i 5 continenti, l’Africa in novembre. In Senegal si passerà da Saint Louis, da Dakar e da Thies. Non sarà importante tanto il cammino compiuto dall’equipe che completerà tutte le tappe, quanto la mobilitazione mondiale di persone spinte dall’unico obiettivo di costruire un futuro in cui non esistano minacce nucleari, guerre preventive, occupazioni indebite di territori, ecc. Eventi di ogni genere saranno degna cornice di ciò che dovrà essere un punto di partenza per un nuovo modo di vivere. Esistono già coordinamenti, associazioni, gruppi attivi in tutto il mondo. Sta a vedere che così m’innamoro della globalizzazione…

A metà viaggio mi trovo a Thies. 80 km mi dividono dal caotico carnevale dakaregno, eppure sembra di aver addirittura oltrepassato una frontiera. Place de France è il centro nevralgico della ville, ma nulla rassomiglia alla foresta edile di Dakar. Un’ampia rotonda rimanda ad ogni angolo della città; i viali, quasi tutti asfaltati a volte sono addirittura accompagnati da file di alberi. Il monopolio sabbioso dell’ocra si tinteggia del verde delle piante e del grigio dell’asfalto. La scuola elementare Germaine Le Goff mostra alla strada il suo profilo bordeaux. L’ingresso, invece, dà su una via sabbiosa e davanti ad esso un cantiere ricorda che in Senegal c’è ancora tanto da fare. Oltre quella porticina bassa, ricavata da una cancellata verde sbiadita e malmessa, si svela un cortile che sembra più di un cascinale che di una scuola. Ci accoglie il direttore, un uomo abbastanza anziano, intabarrato in un lungo vestito verdognolo. Il suo sguardo affabile è amplificato dalle lenti troppo spessi e il sorriso si schiude gentile sotto i baffetti spruzzati di bianco. Ci lascia girare fra le classi a parlare della Marcia, dei suoi obiettivi e delle sue opportunità e insieme decidiamo di proporre un concorso per premiare il più bel disegno sulla pace della scuola. A novembre verrà designato un vincitore e tutti i lavori verranno consegnati a coloro che proseguiranno la Marcia. In tutte le classi, composte sempre almeno da 30 alunni (ma nelle scuole pubbliche di Dakar arrivano fino a 80), il silenzio regna sovrano. Qualcuno saluta la telecamera che documenta i nostri incontri, qualcuno sbuffa annoiato, qualcuno segue e risponde alle domande che il professore pone prendendo spunto dalla nostra presentazione. Poi penso alla classe dove mia madre insegna a bambini di pari età, alla mia infanzia e a quante volte mi hanno fatto scrivere temi sulla pace. Penso al suo concetto in senso più ampio, ad esempio penso alla pace sociale, e alla situazione politica mondiale. E penso che sia arrivato il momento per dare ad essa un’opportunità.

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