La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Italia e diritti civili: l’autodeterminazione negata

Scritto da – 3 Marzo 2016 – 12:08Nessun commento

Family day RomaSecondo la definizione, i diritti civili sono tutte le libertà garantite da uno Stato ai suoi cittadini. Questi vanno a braccetto con un altro gruppo di diritti, ben più ampio: i diritti umani. Secondo la teoria politico-filosofica questi ultimi non hanno confini, né possono dunque subire limitazioni, e vanno tutelati al di sopra di ogni discrezione. Tra le varie categorie che sono racchiuse in questo grande gruppo, una su tutte risulta in Italia, costantemente ignorata e inficiata dalle ingerenze di una certa cultura, la quale, alla meglio, è estremamente reticente al cambiamento: il diritto all’autodeterminazione. Secondo questo principio, ciascun individuo ha diritto a decidere per sé in maniera indipendente e autonoma. E’ secondo questo indiscutibile concetto che nel mondo vengono approvate e regolamentate pratiche come l’aborto, l’eutanasia o la maternità surrogata. Per molti italiani queste parole sono ancora delle aberrazioni, tant’è che l’unica tra esse ad essere regolamentata e garantita per legge, l’aborto, è costantemente impedita e di fatto, è un diritto che non esiste. Ora, non bisognerebbe cedere all’elogio a priori delle normative estere. La nostra legislazione, come tutte le legislazioni, ha dei punti di forza e dei punti di debolezza. Siamo l’unico Paese al mondo ad avere una legge che preveda il riutilizzo sociale dei beni confiscati, ad esempio. Il nostro sistema sanitario, seppure spesso mal gestito, è basato su un principio normativo non così scontato altrove, il diritto all’assistenza sanitaria. Tuttavia due fattori nel nostro Paese inficiano il progresso del nostro sistema legislativo e dunque, il progresso nella tutela dei diritti. Da una parte, una classe politica indolente e avara di idealismi, dall’altro una società civile retriva e arrogante. Per questo motivo, scelte estremamente private, le quali dovrebbero essere lasciate alla discrezione dell’individuo, sono ignorate, o alla peggio, ostacolate dalla legge e condannate dalla società civile.

Ultimamente, il dibattito circa i diritti civili, in particolare quello che sancisce la libertà di ciascuno individuo di veder riconosciuta la propria unione con un altro individuo dello stesso sesso, è stato infuocato. La comunità cattolica si è sentita in dovere di scendere in campo per evitare una qualche apocalisse divina, esponenti politici e cariche pubbliche varie hanno palesato la loro opposizione a diritti altrui con affermazioni tra le più fantasiose e spesso, ahimè, offensive. Ora, nessuno qui crede in una gerarchia dei diritti. Chiunque ha il diritto di esprimere la propria opinione e di manifestarla, chiunque ha il diritto di difendere i valori in cui crede. Una comunità di individui con valori comuni, che si batte per vietare che ad altri vengano negati dei diritti, è una comunità non democratica. Una comunità che beneficia delle garanzie della democrazia, ma che allo stesso tempo lotta perché qualcun altro non possa beneficiarne in egual modo, è una comunità che non aggiunge valore alla società, ma la divide. Pensare che un proprio diritto, se esteso anche ad altri, perderebbe di valore e non sarebbe più tale, non solo è insensato, ma anche estremamente egoista. Dunque, seguendo i principi della democrazia, il dibattito sulle unioni civili non dovrebbe nemmeno sussistere. È un diritto in più, che viene garantito a chi ne ha bisogno, senza togliere niente ad altri, e un diritto in più è sempre un successo per la comunità tutta.

Per quanto riguarda il punto più ostico della legge Cirinnà, punto che infatti è stato accantonato, perdendo con ogni probabilità un’occasione di fare un bel passo avanti, è quello dell’adozione del figlio del compagno. Questa possibilità è stata vista con orrore da moltissimi sedicenti difensori dei diritti dei minori. Se però nel primo caso, quello delle unioni, il reazionarismo è stato preponderante tra la società civile, in questo caso è senza ombra di dubbio la politica ad avere perso. E ha perso per indolenza, perché ha scelto di non vedere una situazione che esiste già. Non regolamentare le adozioni di questi bambini, non servirà a difendere la famiglia tradizionale, né a garantire la tutela dei minori. Con questa scelta non-scelta hanno deciso di ignorare l’esistenza di centinaia di bambini nati grazie alla maternità surrogata all’estero, migliaia di bambini, figli di relazioni precedenti, la cui attuale famiglia è fatta da una coppia di genitori omosessuali. Bambini che al momento non hanno tutele. Hanno deciso di sancirne l’invisibilità agli occhi dello Stato. Andando ancora più in profondità, si capirà anche che non approvare questa legge non significa solo negare un diritto e fare orecchie da mercante su una questione delicata e fondamentale, ma anche trasformare un diritto in un privilegio. Perché chi può e potrà permetterselo, troverà comunque una strada su un terreno in cui non ci sono regole. Al contrario regolamentare avrebbe significato porre limiti, anche ideologici se fossero serviti, avrebbe significato garantire un trattamento equo, una normativa chiara e lineare. Invece abbiamo perso un’occasione, per paura, disinteresse, indolenza, egoismo, cecità, chiusura, misoneismo, incapacità di emanciparci da schemi di pensiero prevaricatori. E cosa c’è di peggio di una democrazia che ignora i propri cittadini, chiudendo gli occhi, lasciando solo a chi può permetterselo, il privilegio –non più diritto- di autodeterminarsi?

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