“Never Again”: i Simpson vanno a Auschwitz
Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie che indossano grandi stelle gialle cucite sul petto. Poi le divise a righe dei prigionieri nei campi di concentramento, l’interno di una camera a gas, l’insegna “Arbeit macht frei” di fronte a una giovanissima Anne Frank, corpi diafani, SS e la sopravvivenza nell’inferno di Auschwitz-Birkenau. Ecco, spiegata in qualche parola, una delle ultime opere dell’irriverente artista italiano AleXsandro Palombo: una serie di disegni intitolata “Never Again” (precisamente 12, qui la galleria fotografica al completo) rappresenta la celebre famiglia di Springfield, ideata negli anni ’80 dagli statunitensi Matt Groening e James L. Brooks per la Fox Broadcasting Company, come deportati ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. L’intenzione è quella di invitare i ragazzi a riflettere sulla Shoah proprio nei giorni a ridosso del 70° anniversario della liberazione del lager polacco. Qual è, dunque, il messaggio che l’artista vuole comunicarci? «Dobbiamo educare le nuove generazioni, raccontare loro cos’è successo – ha dichiarato Palombo tramite il suo ufficio stampa – e dobbiamo farlo senza filtri, senza mezzi termini, più e più volte, attraverso la memoria di immagini che sono terrificanti perché riflettono l’orrore dell’Olocausto e lo sterminio di milioni di esseri umani».
Tutti d’accordo sul fatto che le generazioni presenti e future debbano essere istruite, che debbano ricordare, tuttavia procedere “senza mezzi termini” sarà l’approccio più corretto? La fusione tra immaginario nazista e cultura pop può finire col tramutarsi in una lama a doppio taglio: da un lato, certo, è necessario non dimenticare le atrocità compiute dal Terzo Reich sfruttando qualsiasi mezzo si presti alla causa, perfino i meno ortodossi (ad esempio, se si desidera ottenere l’attenzione di un piccolo fan dei Simpson, è di sicuro un metodo efficace pubblicare il disegno di Bart nei panni di un ebreo perseguitato); dall’altro, però, non è possibile prevedere cosa farà il pubblico con queste immagini e soprattutto come le interpreterà. Il rischio, se pur accettabile, rimane alto: così, al posto di una maggiore consapevolezza, il progetto potrebbe comportare esattamente il contrario di ciò che Palombo sperava.
A differenza dei precedenti lavori dell’autore (vedi la sua splendida rappresentazione delle principesse Disney come vittime di violenza domestica, dell’acido solforico, oppure disabili o anche menomate da una mastectomia), purtroppo la “lezione” che emerge da tali creazioni risulta ambigua. Osservare Anne Frank, in versione fumetto giallo mentre solleva un cartello con su scritto “Mai più”, non aiuta lo spettatore a capire cosa e perché accadde lì, nella nostra Europa dal 1941 al 1945, ma almeno è in grado di scuoterlo, di incuriosirlo.
«Solo la coscienza della crudeltà di quel periodo può produrre degli anticorpi capaci di evitare che l’antisemitismo possa dilagare ancora. – replica Palombo – La mia è un’opera di sensibilizzazione, una condanna alle intolleranze, un pugno alla disumanità».
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