La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Bevendo un tè con i morti: la luminosa danza macabra di Candiani

Scritto da – 13 Novembre 2015 – 19:30Nessun commento

Chandra-Livia-Candiani-per-lEstroVerso-intervista-di-Grazia-CalannaLievi le mani della poesia
Intorno alla morte
Lievi.

E la poesia di Candiani è tutta una questione di leggerezza, nei suoi versi brevi o brevissimi, lasciati a fluttuare al centro della pagina bianca. Leggera nella spensieratezza con cui avvicina la presenza della morte. E ci si approccia, con la delicatezza di un bambino, senza tristezza, senza rimpianti, perché ai suoi occhi non c’è nessuna fine, nessun buco nero, nessun tabù inaccessibile e tremendo.  La morte per Candiani è piuttosto una porta spalancata, o una finestra, da cui è possibile affacciarsi, guardare, andare avanti e indietro. È da questa finestra che come uccellini, come nuvole, come pulviscoli in controluce entrano tutti i suoi defunti. E sono tanti, tantissimi, tracciati con pochi tratti di penna all’interno di “Bevendo un tè con i morti”, edito per la prima volta nel 2007.

Nata a Milano nel 1952 da famiglia di origini russe, Chandra Livia Candiani è uno dei più recenti casi editoriali italiani. Vive fra seminari di poesia per bambini, traduzione di testi buddhisti e sedute di meditazione. La sua è una dimensione non completamente umana, forse mistica, forse fiabesca. Comunque leggera, leggerissima: fluttuante. E la stessa ariosa lievità si ritrova in tutta la sua produzione, ancora in gran parte inedita. Non una realtà superficialmente descritta, ma una realtà scrutata, sondata da un occhio sì vigile, sì malinconico ma irrimediabilmente distante. O meglio: sospeso a mezz’aria.

Così Io con vestito leggero, così La bambina pugile, così Bevendo un tè con i morti, raccolta recentemente ripubblicata, in cui la poetessa richiama alle soglie dell’Esistenza tutti i suoi defunti, quelli dolorosi, quelli mai incontrati, quelli più familiari come quelli più sfuggenti, vissuti o forse no, appartenenti ad una spaziosa memoria comune. È un corteo funebre che non fa paura, una danza macabra delicata e solare, che assomiglia di più ad un sogno o ad una favola, i cui protagonisti sono però reali, vicini, come convitati allo stesso tavolino.I distanti, i condannati sono piuttosto i vivi, e tutta per loro è la malinconia di questi versi.

“Quando sono tornata dall’India e gli amici venivano a prendere il tè da me li sentivo sempre parlare di altri luoghi, di altri tempi, in cui era tutto diverso, in cui si stava meglio … Mi sembrava che fossero tutti morti.” Ha detto la poetessa venerdì 23 ottobre a Bookcity Milano, nel corso di una conversazione con Vivian Lamarque.

Ed è proprio così che li dipinge, guardandoli da lontano, da altrove: una massa uniforme di dannati contro l’individualità schiettissima dei suoi defunti. Una turba di corpi-gabbia, indistinti ma tremendamente soli, di sguardi parziali e incapaci, quasi mutili, sempre immersi in un’oscurità costante e spaventosa che accompagna la vita come irrazionale incubo di bambino.

La salvezza sembra inevitabilmente stare dall’altra parte. La parte che i versi di Candiani sanno raggiungere forse proprio in virtù della loro silenziosa leggerezza. La parte in cui i corpi, sgravati del proprio peso, possono spalancarsi in un paio di ali, possono farsi uccello, foglia, nuvola come nella più reale delle finzioni infantili. E la morte diventa un’eterna promessa di estate, un tramonto di settembre, una pacata quotidianità, polverosa e illuminata, in cui gli spettri si aggirano familiari e indisturbati, come coinquilini, come amici, come parenti. Silenziosi non per necessità ma per scelta, perché il loro silenzio, come quello da cui nasce la poesia di Candiani, non è sterile, non è forzoso, ma fertile o meglio gravido.

È una dimensione altra che parla di un diverso vivere e di un diverso morire, in cui con occhi più chiusi o più aperti è possibile perfino vedere il morto che rassetta la terra/ cambia l’acqua ai fiori/ della tomba e spiega l’anima stanca/ come un tempo i vestiti.

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