La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Sapienza, il futuro non passerà da qui

Scritto da – 16 Settembre 2011 – 17:29Un commento

Il futuro è passato qui ” è l’attuale motto dell’università “la Sapienza” di Roma. Mi sento chiaramente coinvolto, perché tra poco terminerà il mio percorso universitario, in particolare quello all’interno della Facoltà di Lettere e filosofia, una Facoltà cambiata parecchio in questi ultimi tempi. Le matricole, però, non troveranno più nessuna Facoltà con tale titolo e, chi volesse studiare materie umanistiche, dovrà fare qualche piccola ricerca al “CIAO”, il celebre centro di orientamento della Sapienza o, ovviamente, su internet. La risposta sarà sempre la stessa: tutto è mutato, adesso c’è “FILESUSO”, ovvero Facoltà di Filosofia, Lettere, Scienze Umanistiche e Studi Orientali. La forma abbreviata “FILESUSO”, potrà causare perplessità, smarrimento o, in alcuni casi, potrà provocare l’orticaria. Il generale sovvertimento è stato causato da una profonda riorganizzazione strutturale della Sapienza, in particolare dal nuovo Statuto emendato nel 2010.

A cambiare non è soltanto il nome della facoltà, ma gran parte della struttura organizzativa ed i dipartimenti. Quest’ultimi sono 8 e si assiste, quindi, ad un radicale accorpamento. Basti pensare, ad esempio, a “Studi greco-latini, italiani, scenico-musicali”. Un nome, questo, a dir poco brutto e che pretende di mettere assieme realtà comunque diverse e creare, in questo modo, tanta confusione specialmente agli studenti. Un cambiamento quasi epocale quello voluto dal rettore  Luigi Frati, personalità sempre al centro di polemiche e di incomprensioni con gli studenti.

Più potere ai dipartimenti, o almeno questa è l’intenzione dichiarata, controllo della spesa, e riduzione sistematica del numero delle Facoltà, che adesso sono divenute 11.

La sigla “FILESUSO” è emblema di questa fusione avvenuta, come sempre, per venire incontro a questioni economiche, che riguardano tutto l’Ateneo. Che fine farà la qualità dello studio, già penalizzata dal percorso triennale-specialistica? La rincorsa ai famosi crediti, lo spauracchio di una frequenza obbligatoria ai corsi, una qualità di studio misurata a pagine di libro… Insomma, il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento aveva già creato parecchi problemi ai poveri studenti ed ai docenti, spesso in palese difficoltà con questioni troppo burocratiche. Non ha senso un modulo denominato “Lineamenti di storia della letteratura inglese” di 4 miseri crediti. In 32 ore bisognava coprire, in qualche modo, intere problematiche, tante questioni, che avrebbero meritato più approfondimento. Insomma, una svalutazione della qualità e del fine originale dell’università.

I grandi nomi, in facoltà, non mancano: Giulio Ferroni, Luca Serianni, Biancamaria Frabotta, Novella Bellucci, Amedeo Quondam, Vittorio Vidotto ecc.

Sulla carta, la qualità non dovrebbe mancare, il prestigio accademico persiste, ma il vero disastro è rappresentato dalla burocrazia, dalle assurde scelte dei “piani alti” e dall’immancabile carenza di fondi. L’università “la Sapienza” è un pachiderma che fatica a muoversi, in perenne difficoltà economica e con tante contraddizioni.

Il clima generale è quello dell’insoddisfazione, del malessere, della precarietà che interessa un po’ tutti quelli che studiano e lavorano nell’Ateneo.

Il problema riguarda il passato, con scelte non appropriate, misure poco efficienti e così via… Le cause andrebbero ricercate in un periodo oramai lontano, e le conseguenze le possiamo notare, comunque, anche oggi. Le perenni difficoltà delle università italiane sono qualcosa che è sulla bocca di tutti da anni. I problemi non vengono risolti, si susseguono riforme non adeguate alle reali esigenze delle facoltà e degli studenti, mediocri sono le prospettive per i ricercatori, e scarse le risorse economiche disponibili.

Il passaggio dall’ordinamento 509 a quello 270, ad esempio, non può, evidentemente, risolvere le numerose contraddizioni. Questi decreti ministeriali non fanno altro che aumentare la confusione nelle segreterie amministrative e tra i docenti e studenti. Si modifica la forma, aumentano le carte, le procedure burocratiche, ma la sostanza non cambia. L’università pubblica pesa allo Stato, che ha già una scarsa considerazione della cultura e della ricerca.

I guai, tuttavia, non sono soltanto all’esterno delle mura dell’Ateneo capitolino. L’attuale rettore, Luigi Frati, è spesso al centro di diverse polemiche. La più importante riguarda le accuse di nepotismo per la presenza di ben tre persone della sua famiglia tra i docenti della Sapienza.

Anche all’interno della facoltà umanistica non sono mancate le polemiche.

L’ex preside di “Lettere e filosofia”, Guido Pescosolido, è stato, ad esempio, spesso criticato dagli studenti. Durante la stagione della cosiddetta “Onda”, il grande movimento di protesta del 2008, Pescosolido sarebbe stato quasi sequestrato in presidenza da studenti appartenenti, così ha affermato, ai Collettivi di sinistra.

Inoltre, c’è da ricordare la discussione sulle presunte irregolarità di alcuni concorsi che hanno coinvolto anche la professoressa Frabotta.

Dentro e fuori la facoltà, perciò, la situazione non è proprio rosea e a farne le spese, come sempre, gli studenti.

Oramai i termini come «bamboccioni» sono largamente utilizzati da politici e giornalisti, ed i giovani risultano essere un peso evidente per lo Stato, che si limita a riforme improbabili e non adeguate ad aiutare le nuove generazioni. Il caso del “FILESUSO” è soltanto un piccolo esempio della follia di apparati istituzionali ed accademici che intendono l’università un qualcosa da gestire come una vera impresa, senza opportune misure per favorire gli studenti meritevoli, per aiutare i docenti abbandonati al delirio dei crediti e per sostenere chi vuole intraprendere il dottorato o, magari, una carriera accademica.

Non ci sono soltanto i lavoratori precari, bensì gli studenti precari, che frequentano università anch’esse precarie. Non c’è, tuttavia, da lamentarsi troppo, perché questa è «l’Italia peggiore».

Andrea Vosilla


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Un commento »

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