Goethe, le affinità elettive
Le affinità elettive è un classico romanzo romantico. Scritto in pieno romanticismo e con tutte le nuances del caso. L’argomento è sempre il solito: l’amore. Il grande sentimento totalizzante che toglie il sonno ad infinite schiere di innamorati, da sempre. Ma, bandite le melensaggini, che fin troppe volte hanno estenuato i diabetici scrittori d’amore, Goethe affronta le ‘trite parole che mai non uno osava’ per dirla con Saba, cambiando l’approccio. Prima di dedicarci alla lettura del romanzo sarebbe utile percorrere visivamente la biografia di Goethe per comprendere meglio la formazione culturale dello scrittore di Francoforte. Infatti, curiosando tra gli anni della sua gioventù, leggiamo che intorno ai diciannove anni, in seguito ad una forzata convalescenza si avvicina agli studi di mistica e di alchimia, si appassiona a Paracelso e agli epigoni di Flamel in generale. Da questo punto prenderà poi l’aìre il filone che porterà al Faust, celebre dramma imbevuto di esoterismo ed elementi neogotici. Ma l’interesse per la chimica porta Goethe a trovare una spiegazione scientifica per ogni movimento spirituale, per ogni moto dell’anima, finanche ogni consiglio o decisione dipenderà in tutto da una sostanza volatile o da un composto alcalino.
“Avreste voglia” chiese Carlotta “di spiegarmi che cosa veramente si intende qui con affinità”.
Nel capitolo IV, che reputo il più interessante del libro, per la maestria con cui l’autore sa suggerirci la chiave di lettura per l’intero romanzo, giustamente ribadita in principio d’opera, viene affrontato il tema dell’ “affinità” e qualche pagina dopo, del termine “elettivo”. Viene scomposto il titolo. Mai tanto ardimento in uno scrittore, se vogliamo ricordare il timore con cui Eco ammonisce “Il titolo è una macchina che genera interpretazioni”. Lasciamoci suggestionare allora. Approccio scientifico al sentimento meno scientifico che si conosca. Continuiamo. Segue dissertazione sulle proprietà degli elementi. Conclusione: “Quelle sostanze che, incontrandosi, immediatamente si compenetrano e si influenzano a vicenda, le chiamiamo affini”. L’uomo altro non è che una sostanza composta. Un agglomerato più o meno denso di carbonio ed acidi in equilibrio tra loro. Al contatto con un’altra sostanza si genera uno scambio. Scarto tra l’uomo ed il gesso, o la calce o l’acido solforico è la natura nobile dell’uomo.”Ma l’uomo –si sa- è parecchi gradini più in alto rispetto a quegli elementi”. All’uomo si riconosce, per natura e per grazia divina, una libertà di scelta. Un libero arbitrio che, più avanti, si comprende meglio essere nient’altro che la libertà apparentemente svincolata di seguire la propria passione interna e quindi assecondarla. “Le affinità cominciano a diventare interessanti nel momento in cui producono delle separazioni”. E’ evidente la malizia. La doppia chiave interpretativa. Goethe non poteva essere più esplicito. Al livello letterale abbiamo il discorso scientifico. A livello allegorico incontriamo il discorso sociale. Stiamo parlando dell’Adulterio. E dobbiamo ricordare la pruderie dell’epoca, che faceva storcere il naso alle classi aristocratiche. La contrapposizione tra apparenza e realtà è qui molto forte. Tutti i personaggi sono altolocati. Ne ho volutamente taciuto il nome ed il ruolo perché fino all’ultima pagina essi non hanno alcuna importanza. Altro non sono che strumenti nelle mani dell’autore per dimostrare la sua teoria. Quella dell’adulterio, un adulterio elettivo. Conseguito per un semplice alterarsi di equilibri chimici e quindi molto facile. Inevitabile. Goethe taccia la classe aristocratica di essere molto frivola, di prestare attenzione solo alla forma, alla facciata, incurante della dignità morale che dovrebbe discendere dalla loro posizione, che si esige da persone colte ed istruite, ben consapevoli delle insidie dei rapporti extra-coniugali. Come un esperto scienziato, Goethe rimesta liquidi, versa acidi in alambicchi di vetro, si scosta i capelli dalla fronte corrucciata per lo sforzo di trasformare elementi dallo stato gassoso a quello solido, mentre le sostanze raggiungono il giusto amalgama o si separano inevitabilmente perché incompatibili. Allora si tentano nuove combinazioni, si fa imperante il motto degli alchimisti ‘solve et coagula’, sciogli ed aggrega. Unisci e separa. Solo il tempo potrà dire se due elementi resteranno insieme o saranno destinati a cercare nuove relazioni. E che siano uomini o acidi aeriformi non fa nessuna differenza.
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