La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Intervista allo scrittore Fulvio Abbate: contro l’ipocrisia e il conformismo della “P2 di sinistra”

Scritto da – 12 Giugno 2014 – 14:48Un commento

Lo scrittore Fulvio Abbate si racconta e racconta il suo ultimo lavoro: “Intanto anche dicembre è passato”. Un romanzo «assolutamente autobiografico» la cui narrazione prende la forma di «circo magico» che muove dagli oggetti e accarezza i ricordi. Alessandro Volpi e Saverio Mazzeo colloquiano con lo scrittore in occasione del Festival internazionale del giornalismo tenutosi a Perugia, dove Abbate ha tenuto un incontro/show insieme al collega Pietrangelo Buttafuoco. «Fino a qualche anno fa, venire qui al Festival del giornalismo sarebbe stato per me motivo di conflitto, … ora per molti sono una sorta di contropotere». Europee? «Non voterei mai e poi mai una lista che abbia come sua preoccupazione quella di portare al parlamento europeo Curzio Maltese».

“Intanto anche dicembre è passato” è un libro di memorie, in qualche modo autobiografico…

F.A.: Sì, è un libro assolutamente autobiografico, è anche un libro sulla morte, ad un certo punto ho voluto raccontare me bambino. Tutta la mia narrativa da ora in poi sarà sempre autobiografica, i protagonisti avranno i nomi miei, dei miei genitori, dei miei nonni. È il racconto di un’età dell’oro, di un bambino che nel 1962 sogna un viaggio a Parigi. Perché Parigi? Per un elemento edipico: mia madre insegnava francese, e io sognavo Parigi così come la vedevo illustrata nei libri di francese, con quella immagine stilizzata dove Parigi è il poliziotto col chepì e lo sfollagente, la signora che porta a spasso il barboncino col suo impermeabile giallo. Una “grafica” che adesso è desueta.

Però hai inserito nella narrazione dei personaggi storici che, attraverso l’immaginazione, hai scelto di fare entrare nella tua vita, che assume i contorni di un viaggio tra fantasia e reale. Perché?

F.A.: È il rapporto tra la Storia e la microstoria condominiale, familiare, che è quella che noi possiamo raccontare partendo dai nostri dirimpettai, partendo dal giorno in cui arrivò una batteria, una bambola vinta a una riffa… Accanto alla microstoria, che salva i nomi dei miei genitori (che sono nomi anonimi), vi è la Storia. Quindi ho immaginato Hitler – che negli anni ’60 si pensava potesse essere ancora vivo – ingaggiato da mio nonno per ritinteggiare l’appartamento; e ad Ettore Majorana – il grande mistero della sparizione del ‘900 – ingaggiato pure lui, travestito da suora per non farsi riconoscere, per fare entrare le divisioni a due cifre in testa a un Fulvio Abbate bambino che era un’autentica “zappa”, cioè negato per l’aritmetica. Ecco, questa la ragione.

Questo è un libro popolato dagli oggetti, che sembrano animarsi. Quale è la funzione che questi svolgono all’interno della narrazione?

F.A.: Raccontano un pezzo di mondo. Gli oggetti sono qualcosa di unico. Il mio sogno era quello di fare prima o poi un romanzo che raccontasse solo gli oggetti. Ogni oggetto può esprimere qualcosa, restituire un mondo. Non esiste gerarchia tra gli oggetti, non è vero che il Koh-i-noor , il diamante, ha un valore superiore al posacenere acquistato a Maiori. Ecco, gli oggetti sono dei dispositivi magici. E io a un certo punto ho immaginato di fare un mio one-man-show che si intitola “Il teatro degli oggetti”, raccontare la storia del tempo (o del secolo) mostrando gli oggetti, degli oggetti bizzarri, come un anello realizzato con il metallo dei bombardieri americani che la contraerea vietnamita abbatteva, che si acquistava alle feste dell’Unità di fine anno ’60 primi anni ’70, oppure un portachiavi a forma di barattolo del caffè Mokarex, un famoso caffè francese che viene citato anche da Albert Camus, oppure l’omino, che si trovava dentro il detersivo, che si chiamava Tide.

Un omino di plastica che fumava con delle sigarette ad autocombustione, che faceva delle nuvolette. Ecco, tutto questo racconta una sorta di circo magico.

Hai scelto di candidare il tuo romanzo “Intanto anche dicembre è passato” al Premio Strega, come gesto simbolico contro la “P2 di sinistra”, un sistema contro cui da anni ti batti…

F.A: Negli ultimi anni ho voluto radicalizzare il mio scontro e l’ho fatto da solo, avendo dalla mia un canale che mi sono inventato in rete (Teledurruti, ndr.) e che recentemente ha anche subìto un’aggressione hacker. Seimila filmati, sette anni sono stati cancellati. Molto semplicemente perché io ritengo di avere l’obbligo d’essere pienamente me stesso e l’ipocrisia, il conformismo di un sistema lobbistico come quello di sinistra impedisce a chiunque di essere pienamente se stesso. E quindi ho scelto di togliermi la soddisfazione di essere pienamente libero, e sono anche contento di averlo fatto perché a volte vengo percepito come una luce in un panorama di silenzio e di acquiescenza rispetto alla situazione data. Continuo questa mia battaglia con grande senso del piacere, perché è giusto così, perché non mi avranno mai.

Passiamo alla politica, tra poco ci sono le elezioni europee. Vedi nuove prospettive o rinnovi l’invito, lanciato tempo fa da Teledurruti, per un voto d’eleganza al Partito Comunista dei Lavoratori?

F.A.: Ho rinnovato l’invito per un voto alta moda. Io non sono più comunista, però vedere questa falce e martello di questo gruppo comunista di ispirazione trotzkista mi sembra esaltante. Un voto di vera eleganza. Sicuramente non al Pd.

E la lista Tsipras?

F.A.: No, io non voterei mai e poi mai una lista che abbia come sua preoccupazione quella di portare al parlamento europeo Curzio Maltese, questa è la mia risposta. Non vedo per quale motivo. Perché devo garantire quest’altra soddisfazione a Curzio Maltese? Uno che parla bene di Veltroni… Non ci penso minimamente!

Cosa rappresentano per te personaggi come Nichi Vendola o Laura Boldrini all’interno dell’attuale scenario politico italiano?

F.A.: Rappresentano le loro storie personali. Voi probabilmente avrete difficoltà a sfuggire a una condizione di precarietà. La Boldrini l’ha risolto questo problema, perché Vendola attraverso un gioco di cooptazione ha deciso di farne la presidente della Camera, e idem altre facce che vediamo in televisione. Le varie Pina Picierno, la Melandri, la Madia son persone che si sono garantite un’esistenza sociale.

Recentemente hai annunciato di voler togliere la prefazione di Nichi Vendola per la ristampa del tuo libro “Pier Paolo Pasolini raccontato ai ragazzi”. La domanda non è per quale motivo hai deciso di toglierla…

F.A.: …Ma perché decisi di metterla? Te lo spiego subito, è avvenuto proprio qui a Perugia. Nichi Vendola è stata una delle persone che recensì il mio primo romanzo (“Zero maggio a palermo”, ndr) su Rinascita nel ’90. Ed è stato l’unico politico che si sia laureato su Pasolini, allora incontrandolo qui gli ho chiesto di registrare a braccio questa prefazione. Nel tempo, e a maggior ragione dopo aver ascoltato la sua telefonata con il famiglio dei Riva, ho deciso di toglierla.

Ma ciò che ci chiediamo è se hai mai considerato Nichi Vendola un valido interlocutore intellettuale o politico…

F.A.: Politicamente non lo è mai stato. La questione è molto semplice: Se io avessi mai provato a chiamare Nichi Vendola non avrebbe mai risposto al telefono. Questo perché? Perché Vendola o chi per lui ritiene di non aver nulla di temere da me e non ritiene che io sul piano del peso sociale possa contare qualcosa, e non ti rispondono. Se pensano che tu possa in qualche modo danneggiarli o essergli utile in un loro gioco di potere arrivano subito al telefono, è un metodo infallibile. Comprendere questa cosa ti fa sentire meglio.

E Fulvio Abbate infine ci confessa….

F.A.: Fino a qualche anno fa venire qui per me sarebbe stato motivo di conflitto, adesso non ci penso minimamente perché, detto molto banalmente, ho conquistato me stesso e quindi per molti sono una sorta di contropotere.

Saverio Mazzeo e Alessandro Volpi

 

 

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