La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Il peso della Storia: Mein Kampf torna in libreria

Scritto da – 4 Gennaio 2016 – 16:59Nessun commento

hitlerNovantatré anni fa Hitler tentava di salire al potere con la forza e vedeva miseramente fallire il suo colpo di Stato a Monaco. Novantadue anni fa veniva arrestato e condotto nella prigione di Landsberg am Lech, dove dava forma di trattato alla lucidissima riflessione sulla propria vita e sul proprio credo: Mein Kampf, la mia battaglia. Una delle voci più determinate e potenti del primo Novecento. La mia battaglia, che originariamente avrebbe dovuto prendere il titolo di Quattro anni e mezzo di lotta contro menzogna, stupidità e codardia. La mia battaglia, un libro che contiene tutti i problemi, tutti i nemici e, soprattutto, tutte le soluzioni. Talmente dogmatico da essere stato definito dal Times (che al tempo lo pubblicò a puntate) “una Bibbia laica”. Talmente completo da contenere già in nuce l’orrore della soluzione finale. Fra lui e noi novantadue anni, una nuova guerra mondiale, qualche milione di morti, la lavastoviglie, i Beatles e l’ipad: la cartolina sbiadita di un mondo che non può essere più. Eppure, se in America è rintracciabile con la stessa facilità di un volume dei Peanuts e Turchia e Iran lo annoverano fra i bestseller, l’Europa fatica ancora a fare i conti con i fantasmi del proprio passato. In molti paesi copie debitamente commentate sono conservate esclusivamente in biblioteca, in altri, come i Paesi Bassi, vendita e prestito sono considerati illegali. La situazione cambia radicalmente con il 31 dicembre 2015, che segna settant’anni dalla morte dell’autore e, di conseguenza, la fine dei diritti esercitati dallo stato di Baviera sul testo. Una svolta che sembra dare il coraggio all’Europa, o almeno ad una parte di essa, di guardarsi alle spalle: per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale, Germania e Inghilterra ristamperanno il Mein Kampf nelle rispettive lingue e da gennaio lo distribuiranno nelle librerie.

Più titubante la comunità ebraica internazionale, che esprime timidi assensi solo in presenza di “un adeguato apparato di note”. “Ma non si possono mettere le note al Diavolo” sentenzia Levi Salomon, portavoce del forum ebraico con sede a Berlino per la democrazia e contro l’antisemitismo. E forse ha ragione.

Per quanto possano essere accurati il commento e la contestualizzazione del testo, il Mein Kampf è indubbiamente l’efficacissimo prodotto di un odio temibile proprio perché tutt’altro che privato. Un odio atavico, quasi iscritto nel nostro DNA di uomini incatenati ad un Lebensraum, uno spazio vitale, che è sempre troppo piccolo e troppo minacciato. Un libro del genere, diffuso nella librerie, potenzialmente affidato alle mani di chiunque, non rischierebbe di trasformarsi in “un vaso di Pandora”, come lo ha definito Charlotte Knobloch, presidente della comunità ebraica di Monaco e Alta Baviera?

D’altronde la Storia ci insegna che nulla unisce gli Uomini come l’odio, soprattutto gli Uomini stanchi e delusi, soprattutto gli Uomini disperati. E nel mezzo della crisi, quello che veramente vogliamo, più che una soluzione, non è forse qualcuno che ci indichi a chi dare la colpa, con chi prendersela, qual è il parassita, das Ungeziefer, da eliminare per stare meglio?

Desideriamo davvero esporci al rischio? Vogliamo davvero affidarci esclusivamente alla nostra capacità di imparare dagli orrori di cui è lastricata la storia dell’Occidente, al nostro raziocinio, alla nostra etica? Forse sarebbe meglio di no.
Forse sarebbe meglio, come sempre, ignorare l’esistenza di un testo del genere, ignorare il suo enorme peso sulla nostra Storia. Far finta di non sapere cosa c’è scritto, la terribile somiglianza con i discorsi che appestano i nostri televisori e i nostri social network, far finta di non sapere che edizioni tedesche sono disponibili da decenni sui siti internet dei gruppi neonazisti, ma senza un apparato di note.

Forse sarebbe meglio, come sempre, chiudere gli occhi e sperare che, se li chiudiamo davvero bene, tutto quello che non vogliamo vedere smetterà di darci problemi.

Valentina Avanzini


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