Europa a 27, il veto di Downing Street
“Siamo contenti di poter decidere i nostri tassi d’interesse, di avere la nostra moneta e non l’euro e siamo felici di non avere i confini aperti a tutti”: con queste parole la Gran Bretagna divorzia dall’Europa. Dopo un summit fiume, all’alba del 9 dicembre, il presidente francese Nicholas Sarkozy, visibilmente spossato, annuncia che il premier britannico David Cameron non ha accettato di ratificare la riforma dei trattati dell’Unione Europea. Secondo l’inquilino di Downing Street le condizioni richieste erano troppo dure: “Non possiamo rinunciare alla nostra sovranità. Devo difendere l’interesse dei britannici”, ha detto. Il piano studiato dal duo Angela Merkel – Nicholas Sarkozy, con l’aiuto del presidente della Commissione Josè Barroso e dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rampouy, prevede il pareggio di bilancio nel 2013 e l’adozione di uguali misure fiscali in tutta l’Unione, con sanzione semiautomatica per chi non le rispetta. In più, nell’accordo è fissata per il 2012 l’istituzione permanente del Fondo salva Stati (Esm) e una nuova iniezione di 200 miliardi di euro all’Fmi, come ulteriore salvagente per un default dei Paesi a rischio. Pretese che a Londra sono risultate irricevibili. In sospeso anche il futuro di Svezia, Ungheria e Repubblica Ceca, che prima di firmare il nuovo trattato riferiranno nei loro parlamenti nazionali. I commentatori internazionali, soprattutto dell’Economist e del Financial Times, criticano aspramente la svolta euroscettica di una porzione d’Europa. Finora era sempre stata una semplice minaccia.
La scelta di Cameron porta pesanti conseguenze anche in patria. Nella coalizione di governo, il vicepremier Nick Clegg, segretario dei filo europeisti Liberal democratici, si è detto “furibondo” con la scelta dell’alleato e minaccia di uscire dall’alleanza:“Rischieremo di restare isolati”, ha commentato. Di opinione differente la base conservatrice, che invece supporta la decisione del leader: tra le file dei tories è storico lo scetticismo nei confronti di un’istituzione internazionale che vada oltre la condivisione di un mercato unico. All’appello, però, manca ancora il giudizio più influente, quello dei mercati, per il quale bisognerà attendere almeno lunedì, per la riapertura delle Borse. Di certo, spiega Nicholas Sarkozy “la Gran Bretagna si è tagliata fuori dalle decisioni sull’euro”. Il presidente francese richiama all’ordini i 17 Paesi che adottano la moneta unica, chiamati a “ricompattarsi per salvare l’Unione”. Nel 2012 il Trattato coinvolgerà nuovi Paesi nel progetto degli Stati Uniti d’Europa. Per prima toccherà alla Croazia, che ha ufficializzato il suo ingresso proprio il 9 dicembre. Non che il nuovo arrivo riempia di entusiasmo l’asse Parigi-Berlino: “ Un’unione allargata – ha detto Sarkozy – è un’unione dove è più difficile raggiungere l’integrazione”. A questo punto la nuova conformazione dell’Europa si presenta a tre velocità: i 17 Paesi dell’Eurozona da una parte, gli altri dieci dell’Unione dall’altra e all’esterno, spettatrice, la Gran Bretagna.
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