La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Perché, quando l’economia è in crisi, la prima a rimetterci è sempre l’istruzione?

Scritto da – 6 Febbraio 2013 – 16:59Un commento

Ci sono tante domande che non avranno mai una risposta. Qual è la forza sovra-umana che impone ai quadri di cadere in quel preciso momento? Perché non piove mai quando ci sono le elezioni? Tra queste ce n’è un’altra: perché, quando l’economia è in crisi, la prima a rimetterci è sempre l’istruzione? Se un paese è in gravi problemi, per avere una certezza futura, oltre che a finanziare le imprese dovrebbe finanziare anche l’istruzione: questo, per lo meno, sarebbe un pensiero sensato. Ma non in Italia! Non riusciamo a capire che per risolvere i problemi presenti e cancellare gli errori passati, dobbiamo concentrarci sul futuro e finanziarlo. Il nostro è un Paese dove le promesse si fanno, ma non si mantengono: non per altri motivi, ma solo perché vengono dimenticate. Dal caro e vecchio ponte sullo stretto di Messina, che serve da propaganda elettorale dai tempi di Giolitti, fino ad un’istruzione libera capace ed efficiente per tutti, privati e pubblici.

È vero! Sono giovane e ho poca esperienza nel campo politico. Da spettatore, però, non ho mai sentito fino ad ora qualcuno che facesse del finanziamento alla ricerca e all’istruzione un serio punto fermo della propria campagna politica: quando i finanziamenti erano possibili, non c’era spazio per la ricerca e gli universitari. Ora che i finanziamenti non ci sono più, a causa della crisi economica degli ultimi cinque anni, tutti promettono che penseranno anche all’istruzione. Anche? Perché? L’istruzione non conta?

Negli ultimi anni, ogni volta che necessitava dover risparmiare su qualcosa si faceva sull’università e sull’istruzione. La classe dirigente, per far muovere il mulino dell’economia, invece che cercare l’acqua da un pozzo pieno poco sfruttato dal sapore delicato e dolce, ha deciso di prenderla da un altro già vuoto, dal sapore aspro e pericolosamente a rischio di siccità, cioè quello dell’istruzione, dando ai cardini del mulino ruggine e impossibilità di continuare a lavorare.

L’università italiana, con i tagli fatti negli anni passati, ha mandato a casa un gran numero di docenti nel pieno della loro carriera. I ricercatori, a causa di una mancanza di fondi, sono fermi e rimangono nel limbo della precarietà, intanto che loro aumentano di numero e i posti diminuiscono. Le tasse aumentano ogni anno sempre di più e diminuiscono le possibilità delle famiglie meno agiate di poter garantire ai propri figli un futuro migliore. Alcune sedi non possiedono le attrezzature necessarie, il personale adeguato o, peggio ancora, le aule. Esistono professori capaci, meritevoli e divenuti tali solo grazie alla loro forza di volontà e intelligenza, ma anche altri preparatissimi, che hanno superato l’età pensionistica dai tempi delle guerre puniche o che si fregiano del titolo accademico solo per meriti di parentela. Molti penseranno: “Abbiamo scoperto l’acqua calda! Che cosa consigli?”. Niente di diverso da quello che molti hanno suggerito, ma che ancora non è stato fatto: spazio alla nuova generazione. In che modo?

Tre sono gli ingredienti: più tecnologia, più attenzione nella selezione del personale e una burocrazia più esigente e più veloce.

La verità è che non conviene formare nuove reclute, quando le attuali non sanno dove andare e le precedenti non hanno ancora finito il loro lavoro (malgrado lo vogliano con tutto il cuore). Si sa che la classe universitaria è difficile da accontentare, poiché molto vasta e varia. La Storia, però, insegna che, se si arrabbia sul serio, questa classe smette di vedere le differenze e unisce le forze, fino a quando ciò che vuole non viene ottenuto.

Sono lontani i tempi in cui l’unica preoccupazione degli atenei era il ministro Zecchino che inseriva il termine di laurea triennale e specialistica (scelta che per molti è ancora un mistero). Erano tempi in cui gli universitari avevano come unica preoccupazione il futuro. Ora c’è anche il presente. Sempre più studenti lavorano per potersi mantenere gli studi e molti altri vi rinunciano perché impossibilitati economicamente dal continuare. Non è una situazione che potrà protrarsi per molto tempo ancora, poiché se le alte sfere non si decidono a muovere il mulino usando quell’acqua ricca e sostanziosa, la macina si fermerà perché troppo piena di fango, comportando la rottura del mulino e la ricostruzione di un meccanismo che, con un po’ di buona volontà, era ancora in grado di muoversi e lavorare seriamente.

 

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