Il valore legale della laurea
Il tema del valore legale di cui i titoli di studio universitari sono investiti, è una diatriba che da anni percorre corridoi universitari e sale di palazzo. Il 27 gennaio 2012, alla stregua di tanti rinvii, il Consiglio dei Ministri si è trovato a dibattere in materia universitaria e proprio della possibile abolizione del valore legale della laurea. La notizia ha impiegato pochi minuti ad arrivare alle orecchie degli addetti ai lavori ed è stata subito bagarre. In un comunicato stampa firmato da sindacati ed associazioni operanti nel campo dell’istruzione con particolare attenzione alle attività universitarie, leggiamo: “Ci si sarebbe aspettato un comportamento diverso da parte del Governo. Di fronte a gravi ed urgenti problemi come il diritto allo studio, il precariato, il nuovo reclutamento e l’adeguato finanziamento agli atenei, forse la questione legale sarebbe stata da rinviare ad un secondo momento”. Sulla stessa linea sembrano posizionarsi anche docenti e studenti che in coro affermano quanto il valore legale del titolo di studio sia uno strumento di meritocrazia ed allo stesso tempo una garanzia. Non possiamo che essere scettici di fronte ad un’affermazione che sulla carta e nella logica non incontra nessun tipo di obbiezione contando che da sola dovrebbe bastare a spegnere qualsiasi domanda ed a dissipare ogni sorta di dubbio in merito all’importanza legale. Non possiamo che essere scettici dicevamo, e crediamo di avere ragioni a sufficienza per esserlo. Pensando all’ultima coalizione di Governo formata dal PDL e dalla Lega Nord con l’occhiolino di Casini ed il fallimento del PD, alla carica di ministri potevamo trovare Mariastella Gelmini, Mara Carfagna, Daniela Santanchè, Sandro Bondi, Angielino Alfano, Fabrizio Cicchitto, Umberto Bossi, Roberto Calderoli e la lista è ancora lunga.
Leggermente in disparte troviamo i “tradizionalisti”, legati più ad un vecchio sentimento di appartenenza ad una generazione ampiamente uscita dalle aule universitarie che rivedono nel titolo di studio una tradizione secolare. Infine coloro che confondendo le parole sviluppo culturale e usufrutto sono colpiti da una forte emicrania consapevoli di aver impiegato tanti sforzi in visione di una laurea con la lode con la beffa finale di essere valutati alla stregua dei davvero troppi studenti che da anni arrancano a serie di voti non inferiori al diciotto.
La visione opposta ci offre un interrogativo interessante sul quale crediamo sia importante riflettere davvero per cercare di comprendere quello che sta avvenendo ma soprattutto per riuscire a fornire una controparte lucida e non semplicemente mossa dalla rabbia e dallo sconforto. Cosa è cambiato in modo così radicale da non permettere più al vecchio sistema di essere efficiente? Le risposte sono tante e le argomentazioni ancora di più. In primo luogo sono cambiati gli studenti, sono cambiati i costumi e la tecnologia ha fornito materiali e possibilità fino a pochi anni fa impensabili. È cambiata la velocità con la quale scambiamo informazioni e ciò ha permesso di sostituire la staticità delle lezioni frontali con la dinamicità di lezioni interattive sicuramente più ricche di contenuti e meglio strutturate. Non dobbiamo dimenticare che in questa società mirata al progresso e alla conquista di qualcosa di cui probabilmente è ancora all’oscuro, una laurea non basta più a distinguersi, il master è ormai diventato un isola alla portata di troppe persone e spesso nemmeno un dottorato di ricerca è abbastanza per assicurare allo studente un’eccellenza.
Abolendo il valore legale del titolo di studio ci troveremmo ad omologare le materie, i professori e il prestigio stesso di un percorso accademico formato dall’alternanza di esperienza all’estero con la frequentazione dei migliori atenei italiani. L’omologazione porterebbe a esaltare università rispetto ad altre non più per il merito ma per la loro nomea.
Parlare di soluzioni risulterebbe probabilmente superfluo in un contesto nel quale alla fine a decidere saranno gli interessi economici. Nonostante ciò, come giornalisti di Orizzonte Universitario ci sentiamo in dovere di spronare gli “addetti ai lavori” affinché studino modelli alternativi all’abolizione del valore legale, non dimenticando che quegli studenti che si iscrivono all’università, e che terminano il loro percorso di studi con profitto, devono essere gli stessi che, alla fine di tale percorso, trovano un lavoro attinente.
Danilo Campanella
Marcello Canepa
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