Ddl intercettazioni. I punti fondamentali
Conciliare diritto alla privacy, diritto di cronaca ed efficienza delle indagini. Un trilemma la cui soluzione, oppure il miglior tentativo, dovrebbe essere rappresentato dalla legge che regolamenta l’uso di intercettazioni telefoniche a scopo di indagine e la loro divulgazione in un paese democratico. Ma se la riflessione in materia ha inizio solo dopo la pubblicazione di conversazioni telefoniche in cui sono coinvolti alti esponenti politici, la genuinità di tale esercizio legislativo è messa in dubbio. Dopo la pubblicazione nei primi mesi del 2008 di trascrizioni di telefonate di cui è protagonista, Berlusconi promette che una riforma della legge sulle intercettazioni verrà presto attuata. Poco dopo, il ministro della giustizia Alfano presenta alla camera il ddl 1415, “Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali”, che viene approvato il 13 giugno 2008. Il suo scopo, si legge, è quello di “arginare la diffusione incontrollata dei contenuti delle intercettazioni e ridimensionare gli oneri derivanti dalle operazioni di intercettazione”. L’11 giugno 2009 il ddl giunge in senato, dove viene approvato con modifiche. Il suo ritorno alla camera, previsto per il luglio 2010, viene rimandato a dopo le vacanze estive, ed infine glissato al di fuori dell’agenda parlamentare.
Il ddl approvato in senato si articola attorno a quattro questioni fondamentali.
Primo, i presupposti per disporre di intercettazioni. Allo stato attuale, queste possono essere predisposte a seguito di “gravi indizi di reato”. Pur mantenendo questa dicitura, il ddl limiterebbe la gamma di persone intercettabili: solo indagati o individui a conoscenza dei fatti.Cambierebbe, inoltre, l’entità preposta a dare l’autorizzazione: non più il giudice per le indagini preliminari, ma un giudice collegiale (3 giudici) del tribunale del capoluogo del distretto.
Secondo, la durata delle intercettazioni. Al momento questa è di 15-20 giorni, ma solitamente può essere estesa fino al termine delle indagini preliminari. Il ddl, invece, prevedrebbe una durata massima di 75 giorni (ad eccezione delle indagini per mafia e terrorismo), con la possibilità di rinnovo di tre giorni in tre giorni, previa l’approvazione di volta in volta del giudice collegiale.
Terzo, i presupposti per le intercettazioni ambientali. Nella sua formulazione attuale la legge prevede che le intercettazioni ambientali siano possibili in tutti i casi in cui sono consentite quelle telefoniche. Tuttavia è precisato che, nei luoghi dove si “compiano gli atti caratteristici della vita domestica”, ad esempio la dimora privata, l’intercettazione è consentita solo se c’è il sospetto che l’attività criminosa si stia svolgendo in quel luogo. Il ddl eliminerebbe la clausola della “vita domestica” ed estenderebbe questa condizione a tutti i tipi di intercettazione ambientale. La durata massima delle intercettazioni sarebbe di tre giorni, prolungabili di tre in tre.
Quarto, la possibilità della pubblicazione e le sanzioni per i trasgressori. L’attuale legge prevede che le intercettazioni, e in generale gli atti dell’indagine siano pubblicabili dopo che l’imputato ne sia venuto a conoscenza. Il nuovo disegno di legge prevedrebbe, invece, che le intercettazioni (quelle non destinate ad essere distrutte) siano pubblicabili solo per riassunto, e come agli atti del processo, solo dopo la fine delle indagini preliminari.
Chi pubblicasse testi di intercettazioni rischierebbe di incorrere in una multa fino a 10 mila euro, o di dover scontare 3 anni di carcere, nel caso si trattasse di testi di intercettazioni destinati alla distruzione. Inoltre, sarebbe prevista la sospensione dalla professione per i giornalisti e dal servizio per gli impiegati pubblici. Tuttavia, lo strumento deterrente principale vorrebbe essere quello delle sanzioni imposte agli editori, che raggiungerebbero i 300 mila euro (450 mila in caso di intercettazioni destinate alla distruzione). Infine, il disegno di legge prevedrebbe da 4 mesi a sei anni di carcere per chi “fraudolentemente effettua riprese o registrazioni di conversazioni a cui partecipa o comunque effettuate in sua presenza”. Esclusi gli 007 e dopo molto insistenze, i giornalisti (pubblicisti compresi).
La presente versione del ddl risulta meno aspra di quella del 2008, ma mantiene un elevato numero di oppositori, trai i quali non solo politici e giornalisti italiani, ma anche il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di espressione, Frank La Rue, che ha espresso il suo parere negativo sul ddl, la cui applicazione integrale, a suo avviso, potrebbe limitare significativamente la libertà di espressione italiana. Lo stesso Berlusconi si dichiara non contento di un dll “massacrato di interventi”, del tutto lontano dalla proposta originaria.
La sparizione del disegno di legge dall’agenda parlamentare sembrerebbe, quindi, un risvolto positivo. Tuttavia, considerando le risorse di tempo e di energie investite per la sua realizzazione e discussione, sembra inopportuno considerare la scomparsa del dll una “vittoria dell’opposizione”, come dichiarato da Franceschini. Piuttosto, questa potrebbe vista come l’ennesima sconfitta di una democrazia ridotta ad una bottega di eco-sartoria, in cui si confezionano leggi su misura e biodegradabili.
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