La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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La scuola di Francoforte. Critica della società e delle sue contraddizioni.

Scritto da – 30 Agosto 2010 – 01:3710 commenti

La Scuola di Francoforte trae origine dall’Istituto per la ricerca sociale fondato nel 1922 a Franco­forte da un gruppo di intellettuali marxisti, la maggior parte dei quali di origine ebraica. Tra questi si distinsero in modo particolare Max Horkheimer e Theodor Wiesengrund Adorno, sui cui inse­gnamenti si formerà la seconda generazione della Scuola. Nel 1932 Max Horkheimer, divenuto direttore, dà vita alla “Rivista per la ricerca sociale”, organo ufficiale della scuola: sotto la sua direzione, nella ricerca dell’Istituto confluiscono elementi del pensiero di Hegel, Marx e Freud. Evidente è infatti l’influenza della tradizione hegelo-marxista, dalla quale la scuola deriva la tendenza filosofica a impostare un discorso dialettico e totalizzante intorno alla società; alla base, vi è l’intento di costruire una teoria critica, capace di elaborare un’effettiva interpretazione del mondo sociale e culturale occidentale, e non solo una passiva rac­colta dei fatti empirici. Fine ultimo è la salvaguardia della libertà dell’individuo dall’autorità eser­citata a livello sociale e psicologico dalle istituzioni della società di massa contemporanea: vengono dunque ripresi da Sigmund Freud gli strumenti analitici per lo studio della personalità e dei mecca­nismi di “introiezione” dell‘autorità, e per la prima volta la psicoanalisi viene assunta al di fuori di un contesto strettamente terapeutico. Non solo, ma i teorici di questa scuola, in forte polemica con le correnti neopositivistiche, criticano le premesse di fondo della concezione scientifica del mondo, radicata nel cartesianismo e nel galileismo. Ciò che non tollerano è l’elevazione della metodologia quantitativa e matematizzante delle scienze naturali a rigido modello logico di valore universale, applicabile cioè all’intero.

Con l’avvento del nazismo l’Istituto fu costretto a trasferirsi a Ginevra, poi a Parigi, ed infine negli Stati Uniti, dove Horkheimer ed Adorno scrissero nel 1947 la “Dialettica dell’Illuminismo”. Summa del pensiero di costoro, l’opera è una critica sociologica del così detto indirizzo neo-illuministico. Per comprendere quale sia la filosofia che qui viene esposta è necessario chiedersi che cosa sig­nifichino i due termini del titolo vero e proprio, “illuminismo” e “dialettica”; il termine “Illu­minismo” vale non tanto nella sua accezione storica determinata, come corrente culturale del XVIII secolo che ha accompagnato l’ascesa della borghesia, né nel senso kantiano del “sapere aude!“, ma più in generale come logos, ratio, come pensiero razionalistico di cui portatore storico ed idealtipico è il borghese: in una parola la civiltà occidentale stessa, impegnata ad emanciparsi da ogni timore e autorità esterna, e ad affermare la propria autonoma identità razionale, la propria libertà. Tuttavia l’Illumismo si rovescia dialetticamente nel suo contrario, il dominio dell’uomo sulla natura si tras­forma in dominio dell’uomo sull’uomo: per “dialettica” si intende dunque la contraddizione che a tale pensiero inerisce, senza che esso se ne avveda. L’uomo dunque non è più libero, ma alienato, tanto a livello economico, quanto a livello spirituale. E alla base dell’alienazione vi è il progetto stesso dell’uomo, il dominio razionale sulla natura, reso possibile dalla scienza, che ha dato vita ad un sistema totalitario: un altro esponente della scuola di Francoforte, Herbert Marcuse, ne “L’uomo a una dimensione. L’ideologia della società industriale avanzata” (1964), affermerà che la società contemporanea è totalitaria in quanto tende, attraverso la potenza della tecnica, a manipolare i bi­sogni degli individui, a plasmare la loro stessa identità personale e collettiva. La scienza, dunque, rappresenta una forma di razionalità strumentale: la razionalità tecnico-scientifica, che ha schiac­ciato e snaturato il pensiero stesso, fino alla spersonalizzazione della soggettività umana; essa è in­differente alla riflessione sulle finalità, si preoccupa soltanto di curare l‘idoneità dei mezzi necessari al loro raggiungimento, incapace di assumere una posizione critica nei confronti dell‘esistente. Si è dunque smarrita l’idea di “ragione oggettiva”, che era stata alla base delle grandi filosofie, da Pla­tone ad Hegel, l’umanità si è allontanata dalla natura, e si è modellata sulle esigenze della tecnica, le cui cifre sono il successo e il potere. L’estraneazione da sé stessi è il prezzo che gli uomini pagano per la loro brama di potenza. Per Aristotele la felicità consisteva nell’esercizio eccellente o virtuoso della ragione, il sapere era dunque felicità del conoscere, bisogno della verità; adesso si è ridotto a mero progetto di dominio del mondo: e questo è lo sfacelo della civiltà borghese.

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