La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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L’ordine sociale. Alla ricerca di un equilibrio difficile

Scritto da – 29 Agosto 2010 – 12:15Un commento

Tornano i manganelli sui manifestanti, tornano le ronde, torna quell’”ordine” ormai dimenticato. Nel frattempo l’esercito viene schierato nelle strade del centro, non solo a Milano, come in una passerella di uomini armati che intimano “ordine e disciplina”, come se i principali reati avvenissero nel centro, in piazza Duomo, e non nelle periferie buie e dimenticate dalla politica e dalla legge. Se al disciplina è figlia dell’ordine, cos’è esattamente l’ordine? Possiamo distinguere due concetti. Il primo è un ordine interiore, costruito su regole condivise e assimilate dall’individuo: una stanza ordinata è una sensazione oggettiva, così come la intendono tutti in modo condiviso. Il secondo è un ordine coercitivo, non condiviso, esterno che agisce su un certo sistema, su oggetti o persone: come la madre che ordina al figlio di fare i compiti. In entrambi i sensi, l’ordine diventa utile per la costruzione di un sistema che funzioni attraverso le regole di ogni società umana. L’ordine è rispetto, diritto, dovere e, spesso, limitazione di una certa libertà. Così l’ordine assume un significato complessivizzante, che rende l’individuo strettamente legato all’altro, eliminando il concetto stesso di individuo, sostituendolo con l’idea di popolo. Ma dell’ordine non bisogna abusarne: se esso non è equilibrato e se le regole non sono condivise (o sono troppo poche), il sistema si blocca e crea quelle contraddizioni che abbiamo conosciuto nel famigerato “ventennio” o che impariamo a conoscere oggi con la crisi economica. Gli Stati che abusano dell’ordine diventano oppressivi, così all’opposto, le banche senza regole producono crisi globali.

La manipolazione dell’ordine

Il sociologo Gino Germani, nel suo saggio “Autoritarismo, fascismo e classi sociali”, riprende un’analisi portata avanti molto tempo prima da Antonio Gramsci, cercando di delineare un nuovo “totalitarismo”, moderno e attuale. Il totalitarismo sarebbe frutto di una «convinzione», introdotta nel pensiero comune, attraverso una certa «manipolazione» mediatica portata avanti dai professionaisti del mestiere. Non a caso nel Parlamento, che oggi dovrebbe rappresentare il popolo italiano, troviamo numerosi esponenti di Publitalia, la nota azienda di comunicazione, che oggi convince l’opinione pubblica della necessità impellente di un certo ordine. Alcuni esempi? Per l’opinione pubblica il numero maggiore di reati commesso da extra-comunitari sarebbe da imputare ai romeni; in realtà, secondo Maurizio Ambrosiani, docente di Sociologia dei processi  migratori all’ Università degli Studi di Milano, sono gli inglesi che commettono il maggior numero di infrazioni sul nostro territorio. Altro esempio: sul caso degli stupri in Italia, l’opinione pubblica crede fermamente che siano i romeni e gli stranieri in generale a commettere il maggior numero di abusi sulle donne; gli studi confermano esattamente l’opposto: il 90% delle violenze sessuali a discapito delle donne italiane viene commesso da compatrioti “italianissimi”. Cos’è che forgia e influenza l’opinione pubblica oggi? La televisione. Secondo la scrittrice Antonella Randazzo, autrice del libro “Dittature, la storia occulta”, i «servizi giornalistici sembrano creati ad arte per mostrare alcune cose e nasconderne altre. In un paese in cui sempre meno persone leggono i giornali, l’informazione televisiva rappresenta per la maggior parte della popolazione l’unica fonte d’informazione». I passaggi sono semplicissimi: il potere crea o sfrutta il problema, lo amplifica e si fa portatore della soluzione. In altre parole: finge il disordine e instaura un ordine, accettato dai più sulla convinzione che sia necessario. Tutto diventa accettabile: le ronde, l’esercito in piazza, i manganelli sui manifestanti, gli assalti ai campi nomadi.

L’ordine genera disordine

Spesso però l’ordine genera il fenomeno opposto: il disordine. Intendiamo per “disordine” quello stato di cose che non segue il normale andamento prestabilito, cioè quello deciso con le regole e imposto con la forza, per mezzo di un diritto aggiunto, quello di polizia. Come dopo il fascismo italiano, come dopo le dittature filo-americane dell’America Latina, così in Tibet, così ovunque, i popoli si ribellano in modo violento ad uno Stato violento, che impone regole non condivise.  Soprattutto quando le regole vengono imposte ai cittadini e non ai poteri forti di una società, come le banche, le lobby industriali e la mafia. Ciò che era utile prima (quando, per esempio, l’opinione pubblica non era afflitta dalla gravissima crisi economica che oggi allaga il mondo intero), ora diventa superfluo e ci si accorge che quell’esercito in piazza, quelle ronde e quei manganelli sui manifestanti tornano utili per altri scopi: evitare che il popolo passi dalla convinzione alla coscienza, dalla coscienza alla rivolta.

Adamo Mastrangelo


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