Birmania, i fumi di Than Shwe
Scoprire nel 2007, l’esistenza di forni crematori attivi e perfettamente funzionanti è qualcosa che scuote la memoria lasciandone riaffiorare immagini a bianco e nero dei morti di auschwitz o birkenau, di eccidi ormai sepolti dalla storia, nella certezza di aver raggiunto un livello di civiltà tale da rendere impossibile che simili episodi possano ripetersi. Ed invece tutto torna tremendamente attuale, scandalosamente contemporaneo. «Ho visto personalmente bruciare 71 cadaveri » è quello che un reporter del corriere della sera , ha dichiarato. Forni crematori perfettamente funzionanti sarebbero serviti a tal scopo. A bruciare i cadaveri degli oppositori fucilati, in modo da cancellarne le tracce. Ecco come il regime militare instauratosi in myammar con golpe del generale Than Shwe farebbe sparire le vittime della rivolta scoppiata lo scorso 28 settembre. Un regime sanguinario e repressivo, che all’ombra della Cina, e della civiltà orientale, compie quotidiane violazioni alle convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo. Nei giorni scorsi, la tensione di un popolo soffocato dalla dittatura, è soffocata in una manifestazione senza precedenti per la storia di quel paese.
Oltre 300 mila persone, tra monaci buddisti e studenti, si sono dirette verso il centro della città, sfilando davanti alla sede quasi in rovina della Lnd, la Lega Nazionale per la Democrazia, la maggiore forza di opposizione guidata da Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace 1991, segregata agli arresti domiciliari dal 2003.
Centinaia i morti, trucidati barbaramente dall’esercito birmano. Nessuna pietà per i contestatori del regime. E per coloro che feriti durante la rivolta, scampavano miracolosamente alla morte, ogni cura medica viene negata.
I militari hanno imposto ai medici di non curare i feriti, tenendoli sotto la minaccia delle armi. Il Myammar sta sfidando il mondo ma nessuno pare accorgersene.
Finora oltre a qualche minaccia di sanzioni, poco o nulla è stato fatto. Il veto della Cina all’assemblea dell’ONU è stato vergognoso. Vergognoso ma non sconcertante. Ma che vuoi, tra incivili, c’è feeling. Anche l’esercito cinese fece sparire nello stesso modo i resti di molti degli uccisi a piazza Tienanmen, nel giugno 1989. Allora i camini del crematorio di Babaoshan, il «cimitero degli eroi» a Pechino, emisero un lugubre fumo grigio per giorni. E come allora, l’attenzione dei media, sta man mano scemando, fino scomparire del tutto. Ecco fatto. Ecco spento tutto, cacciati i giornalisti (quando non assassinati come il reporter giapponese), oscurato internet, con un colpo di spugna. Ecco come si mantiene in piedi una dittatura, attraverso il controllo dell’informazione. Quello dei monaci birmani è stato il canto del cigno. Che nessuno pare avere udito.
Nicola Cappelli
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