La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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La riforma Gelmini: i punti fondamentali

Scritto da – 7 Settembre 2010 – 11:2811 commenti

Dopo aver sollevato accesi dibattiti per scuole elementari, medie e superiori, la contestazione si è diffusa soprattutto nel mondo universitario, attraverso la  richiesta esplicita dell’abrogazione della legge 133, ormai nota come riforma Gelmini.Questi i punti principali messi in discussione:

Stop ai finanziamenti a tutti gli atenei: verranno invece destinati alle università più meritevoli e le facoltà che chiuderanno il loro bilancio in rosso subiranno un blocco dei finanziamenti e delle assunzioni di nuovi docenti e ricercatori.

Il rettorato diventerà una carica a termine della durata di 8 anni al fine di evitare incompatibilità e conflitti d’interesse legati a parentele.

I docenti dovranno lavorare almeno 1500 ore l’anno delle quali almeno 350 dovranno essere dedicate ad attività didattiche di sostegno e assistenza agli studenti. I docenti dovranno inoltre certificare la loro presenza a lezione.

L’attività didattica e la ricerca saranno soggette a continue verifiche da parte di un’apposita Anagrafe Nazionale, da qui la necessità per docenti e ricercatori di dimostrare i risultati raggiunti attraverso la pubblicazione di articoli scientifici o libri. Lo spessore delle pubblicazioni e la qualità delle lezioni svolte in aula diventeranno fondamentali per ottenere i finanziamenti: infatti i due terzi del fondo ordinario saranno assegnati in base alla qualità della ricerca e un terzo in base alla qualità della didattica. Tra le novità più importanti, quella secondo la quale saranno gli studenti a dare i voti ai loro professori. Chi non si adeguerà vedrà dimezzato lo scatto biennale di stipendio e non potrà accedere a livelli di docenza superiori.

Questi i punti principali, ma proviamo ad analizzare nello specifico pro e contro della riforma.

Per quanto riguarda la decisione di bloccare i finanziamenti agli atenei seguendo un principio meritocratico, possiamo affermare che dagli anni novanta è sicuramente un dato di fatto che alla percentuale del 7% degli studenti iscritti presso le facoltà ha fatto da contrappeso la ben più cospicua percentuale dei professori che ammonta al 25% : questo ha determinato una situazione in cui diversi sono i corsi di laurea con un solo alunno iscritto o addirittura esistenti solo agli atti ma di fatto mai iniziati.

Tagliare i finanziamenti agli atenei che contengono corsi di questo tipo, tuttavia, significa penalizzare soprattutto gli studenti, ripartire in egual misura una colpa che finirebbe per coinvolgere anche iscritti ai corsi di laurea che invece funzionano. Responsabilità non sono pertanto attribuibili né  ai professori che insegnano quelle materie né agli alunni. Significa innanzitutto non rispettare il diritto allo studio degli studenti.

Sarebbe invece opportuno cercare d’intervenire in una misura diversa, tenendo conto non delle esigenze dell’ateneo, del prestigio di avere una materia non presente in altre facoltà o mirato solo all’occupazione di una cattedra, ma un’offerta formativa che sia valida e fatta su misura per lo studente, che permetta eventualmente anche l’istituzione di appositi laboratori destinati da avviare in seguito al raggiungimento di un certo numero di adesioni, basato su un interesse reale e tangibile, che diventa invece inutile nel momento stesso in cui non può produrre un risultato.

La limitazione del tempo di durata del rettorato sembra una buona clausola, volta a evitare cristallizzazioni di potere e quindi il perseguimento di interessi personali. Tuttavia non deve essere considerato come l’unico aspetto correlato ai più volte noti scandali di conduzione a livello familiare di molti atenei italiani.

Il terzo e il quarto punto sono quelli più importanti perché riguardano non l’ateneo, ma l’aspetto più concreto della formazione, ovvero il rapporto tra studenti e professori. Ottima la certificazione dell’orario effettivamente svolto, come del resto l’istituzionalizzazione delle ore di sostegno che dovrebbero essere da sempre contenute implicitamente nel metodo didattico e invece prendono forma di legge. Eppure, perché l’imposizione di produrre articoli scientifici o addirittura un libro per dimostrare il lavoro dei professori e quindi la loro validità didattica? Perché il risultato dovrebbe essere tangibile su un libro e non sulla formazione degli studenti?

Parlando con alcuni studenti, si evince che molti sono favorevoli all’introduzione del voto di merito ai professori. “Al momento esistono le cosiddette schede di valutazione” ribattono i professori, quelle schede che in forma anonima ognuno di noi studenti ha compilato almeno una volta sull’adeguatezza o meno del corso frequentato. Il voto, per molti, rappresenta invece una minaccia, uno strumento che potrebbe diventare un pretesto per eventuali ritorsioni ai danni dei professori.

Grande fermento ha suscitato anche la decisione di affidare alla società privata Consap la gestione di un fondo per le borse di studio, azione valutata da molti studenti come poco trasparente.

Una riforma per l’università era necessaria; troppo spesso “studiare” significa toccare con mano che sta venendo meno quel “futuro” che l’università un tempo riusciva a garantire e dando uno sguardo alle graduatorie delle migliori università a livello mondiale, sembra proprio che solo quella di Bologna riesca a fornire gli strumenti più adatti ai propri studenti. Tagliare i fondi e la ricerca, sarà il metodo corretto per risolvere la crisi?

Le diverse componenti della comunità universitaria e le forze politiche contrarie alla riforma continuano le proteste e le occupazioni al fine di imporne la bocciatura in Parlamento a Gennaio.

Che voto dare dunque, alla riforma?

Natasha Turano

 

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Facebook comments:

11 commenti »

  • lu ha detto:

    in Italia non siamo abituati alle regole e quando c’è qualcuno ke vuole vederci chiaro all’improvviso siamo tutti dediti al lavoro!! A tutti gli universitari: QUANTE VOLTE CI SIAMO LAMENTATI DEI PROFESSORI KE NON FANNO IL LORO LAVORO? almeno una volta nella vita è capitato a tutti! Dicono ke in una società moderna come la nosrtra ed essendo nel 2010 certe cose non dovrebbero esserci: non è giusto tagliare i fondi alla ricerca…..ma se è la stessa struttura universitaria cade a pezzi….mi chiedo ke fine abbiano fatto tutti i soldi dati in passato!!!

  • Andrea ha detto:

    Alcuni punti teorici della riforma sono condivisibili in teoria, tuttavia l’implementazione spesso non e’ assolutamente appropriata. Il voto agli studenti con l’esperienza che ho io dei corsi degli ultimi anni e’ assurda. Non per proteggere i professori, ma perche’ molti studenti hanno solo pretese e giudicherebbero positivamente soltanto chi e’ di manica larga.
    Ci vorrebbero corsi a numero chiuso e si dovrebbero alzare le rette, magari finanziando ulteriori borse di studio con i soldi ricavati. Io credo che chi ha i soldi dovrebbe pagare di piu’ (e io sarei stato uno di quelli), cosi’ si potrebbe sostenere chi ho difficolta’ economiche ma ottimi risultati scolastici.
    Sulla qualita’ dell’insegnamento in Italia non guarderei le classifiche internazionali. Sono fatte con criteri particolari, mentre vi posso garantire che avendo girato in molte parti del mondo la nostra preparazione nelle materie scientifiche e’ ottima. Poi se ci confrontiamo con Harvard o Stanford dove si pagano rette di 10/15 mila dollari, e’ ovvio che il confronto non regge.
    E comunque che parlino di merito la Gelmini, che si’ trasferi’ per ottenere l’abilitazione, e Brunetta i cui lavori hanno un numero di citazioni di un dottorando medio (http://scholar.google.com/scholar?q=author%3Abrunetta-r&hl=en&btnG=Search&as_sdt=2001&as_sdtp=on) fa sorridere..

  • Alessandro ha detto:

    Questa è una riforma volta a mettere ORDINE all’interno dell’università italiana. Non ascoltate la propaganda di sinistra che mostra questa riforma come un qualcosa di demoniaco!

    Non ci saranno tagli dove non saranno giustificati e necessari. Precisamente verranno tagliati i fondi a quelle università che gestiscono il denaro in modo non chiaro e talvolta illecito.

    Per quanto riguarda i ricercatori sono stati abbassati i criteri di età (da 36 a 30 anni) per l’assunzione in università e alzate le retribuzioni (da 1300 a 2100 euro).

    E per porre fine a la c.d “parentopoli” è stato introdotto il divieto di chiamata, da parte delle università, per docenti che abbiano un grado di parentela “fino al quarto grado compreso con un professore appartenente al dipartimento o struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un consigliere di amministrazione dell’ateneo”

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