Perché i media occidentali continuano a mostrare le immagini di terrore dell’Isis?
In data 30 marzo 2015, una decisione importante è stata presa della Rai sul caso dei filmati diffusi online dal Califfato. Il direttore generale Luigi Gubitosi ha annunciato che «non saranno più trasmessi video postati su internet dall’Isis». Il dirigente, nel corso dell’audizione alla Commissione per i diritti e doveri relativi a internet, ha spiegato che «dopo un periodo di analisi e riflessione come azienda di servizio pubblico, abbiamo preso una decisione molto netta e non manderemo in onda il racconto che l’Isis produce per la sua propaganda». «Ci limiteremo ad estrarne di volta in volta frammenti descritti e mediati dal lavoro dei nostri giornalisti», ha aggiunto Gubitosi. Il dg Rai ha precisato che è «una decisione forte e consapevole coerente con la Carta che la Commissione sta redigendo in quanto a ‘garanzia per la tutela della dignità delle persone da abusi connessi a comportamenti negativi quale incitamento all’odio, alla discriminazione e alla violenza». Coerentemente con le richieste dell’Ordine nazionale dei giornalisti e del Consiglio nazionale degli utenti, insediato presso l’Agcom, precedentemente anche Monica Maggioni, direttore di RaiNews, aveva annunciato che la sua testata non avrebbe più mandato in onda i video diffusi dall’Isis. Il primato va però a SkyTg24, che già ad agosto aveva deciso che non avrebbe trasmesso più i video dei terroristi, «per rispetto verso vittime e per non fare da gran cassa a propaganda». Se l’Odg e il Cnu ritengono che la messa in onda di questi video, e in particolare delle scene più raccapriccianti, «non risponda in alcun modo al legittimo diritto di cronaca, che può comunque essere esercitato dando la notizia senza questo genere di immagini», Maggioni ha dichiarato – in un’intervista al “Corriere della sera” – che «il giornalista deve riappropriarsi degli strumenti piegati al folle racconto della controinformazione degli estremisti» e che occorre «interrompere la catena narrativa per destrutturare il messaggio dei terroristi.
Non tutti però sono d’accordo con la decisione di oscurare il catalogo degli orrori compiuti dal califfato, che ultimamente si è arricchito di altri capitoli scioccanti: uomini accusati di essere omosessuali lanciati dai tetti, un ladro a cui viene mozzata la mano, un bambino che spara a sangue freddo a una presunta spia del Mossad. I tg che hanno già preso la decisione di non mostrare le immagini, finiscono infatti paradossalmente per raccontarle dilungandosi addirittura nel descrivere dettagli e particolari, non facendo altro che alimentare cosi la curiosità morbosa innata per il macabro. Molti sostengono che sia proprio questo che l’Isis vuole: che quei messaggi diventino virali attraverso l’utilizzo dei social media come Youtube, Twitter, Facebook, Instagram, le loro armi per terrorizzare proprio l’Occidente, incutere insicurezza, insinuare il dubbio che nessuno si può ritenere immune dal pericolo.
Inoltre per la nostra cultura, è difficile oscurare quei video: soni in molti a considerare che trattandosi di fatti realmente accaduti, ossia notizie, non mostrarle sarebbe una forma di censura. Ma oscurare la propaganda è censura? La propaganda è disinformazione, quindi difficile parlare di censura. Quelle immagini infatti, spesso sono frutto di un montaggio, si fa uso di filtri, c’è un grande lavoro di post produzione, e mandarle in onda non vuol dire altro che amplificare il messaggio di morte che l’Isis porta, e fare cosi il gioco degli estremisti.
Camilla Donà dalle Rose
Facebook comments: