Elezioni israeliane: ha vinto la paura
Alle elezioni israeliane del 17 marzo le urne hanno sancito la vittoria del Presidente uscente Benjamin Netanyahu. Dopo aver sciolto il Parlamento con l’intento di rafforzare la propria maggioranza, il Primo Ministro non è riuscito a consolidare il proprio potere, ma non ha subito quella sconfitta tanto auspicata da parte dei partiti di opposizione. Certo, bisogna evidenziare come il risultato sia rimasto incerto fino all’ultimo e come Netanyahu abbia dovuto giocare la carta della paura e del nazionalismo (“Con me, mai uno stato palestinese”; “non smantellerò alcun presidio israeliano nei territori palestinesi”) per far tendere la bilancia delle urne a proprio favore. Infatti, i nazional-religiosi hanno deciso di sostenerlo, piuttosto che votare gli altri partitini di destra. Questo risultato ha suscitato diverse reazioni nel mondo sul piano politico. Prima di tutto, la Casa Bianca e l’Occidente, in generale, non hanno accolto con grande entusiasmo il verdetto del voto, a causa dei toni non concilianti ed anti arabi espressi dallo stesso primo ministro durante le elezioni. Lo stesso Obama vede complicarsi la distensione con Teheran. Sintomatico, infatti, come Netanyahu abbia dovuto ritrattare la propria posizione nei giorni seguenti ai risultati, aprendo alla possibilità di uno Stato palestinese. E questo in quanto è pienamente consapevole della necessità di mantenere i rapporti con gli USA, che sono in sostanza i garanti della sicurezza di Israele.
In secondo luogo, i paesi arabi sunniti guardano con favore a questo risultato, dato che vedono il paese ebraico come il grande nemico dell’Iran sciita. Insomma, una situazione delicata resa ancora più difficile da un personaggio che non sembra voler aprirsi ad alcun tipo di conciliazione, troppo legato a nazionalismi atavici e dannosi per il suo paese e il Medio-Oriente in generale.
Tuttavia, ciò che desta maggiore perplessità è l’atteggiamento manifestato dal popolo ebraico. Nonostante una significativa ascesa dei partiti di centro-sinistra, la maggioranza si è comunque affidata alle forze di destra, considerate come i baluardi di una mentalità e di un tradizionalismo chiusi. Questo risultato esprime pienamente i sentimenti di un popolo impaurito ed incapace di uscire da una stasi nei propri rapporti con il popolo palestinese e, in generale, il mondo arabo. La questione rimane di forte interesse e preoccupazione per tutto il mondo, alla luce di un conflitto che non ha accennato ad acuirsi negli ultimi anni. Comunque il Presidente della Repubblica israeliano, Reuven Rivlin, ha ancora 5 settimane per decidere a chi conferire il compito di formare il nuovo esecutivo. Dalla politica alla stampa locale si invoca un governo di unità nazionale, ma sarà sempre lo stesso Netanyahu, con la sua maggioranza relativa, a far pendere l‘ago della bilancia. Ciò che bisogna auspicarsi, in questa situazione, è che il popolo israeliano smetta di rimanere schiavo delle proprie fobie e decida di mettersi in gioco. In queste elezioni ha vinto la paura; la speranza è che alle prossime prevalga il desiderio di conciliazione.
Edoardo Cossu
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