La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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I Ministri dell’Istruzione visti da quaggiù

Scritto da – 22 Novembre 2012 – 18:20Un commento

Difficilmente la nostra generazione potrà ricordare con nostalgia un Ministro dell’Istruzione. Sono nato nel ’93, durante la mia vita ho “visto” passare nove Ministri, con una media di uno ogni due anni. Dei primissimi non ho memoria, ne ho letto ieri per la prima volta, per preparare l’articolo. Poi arriva un volto noto. Non di faccia, ma per gli anatemi e il sentito rancore con cui ancora oggi si ricordano le sue riforme.

Luigi Berlinguer fu grande almeno in una cosa, a vederlo da quaggiù. Il suo tentativo di rinnovamento della scuola pubblica ha lasciato un pessimo ricordo nelle memorie di tutti, uomini di destra e di sinistra, indifferentemente… uniti contro Berlinguer! Però un merito reale, a ben guardare, lo ha: si rese conto dell’urgenza di una macro-riforma che interessasse tutti gli ambiti e i gradi, un insieme complesso di normative, dopo anni di rattoppi parziali e di modesta efficacia.

Tentò il “riordino dei cicli”, con l’obiettivo di costruire un percorso scolastico completamente nuovo, basato sul modello francese, dove erano eliminate le differenze di partenza equiparando i licei agli istituti. Andò nella direzione di una riqualificazione del corpo docente attraverso un “concorsone” (composto di prova scritta e orale) che mirava a premiare gli insegnanti più qualificati ed efficienti. Infine introdusse, nell’ambito della riforma amministrativa Bassanini, un riordino del “governo del sistema d’istruzione”: autonomia scolastica e razionalizzazione della rete (ovvero chiusura o annessione di alcuni istituti). Un fallimento su tutta la linea. Non si poteva pensare di trasformare, da un giorno all’altro, tutti gli Istituti in Licei. Da allora il divario non ha fatto che crescere.

Ci fu un uomo poi, un grande uomo, un linguista noto in tutto il mondo e profondo conoscitore del sistema dell’istruzione italiana: Tullio De Mauro. Grande, veramente troppo grande per un Ministero dalla storia così travagliata. Durò poco più di un anno.

Ora comincio a ricordare. I girotondi, i cortei colorati, in maschera, contro quella vecchia signora. Mi voleva levare una maestra, ma io volevo bene a tutte e due, come si permetteva?

La Moratti fece “punto e a capo” (come recitava il suo slogan). Da subito mise in chiaro la volontà di “ridimensionare gli interventi dello Stato nelle politiche sulla formazione”, permettendo la libera concorrenza tra scuole pubbliche e private (un astuto sinonimo di “tagli”). Sono i termini stessi a essere rivelatori: si parlò, allora, di concorrenza, un linguaggio prettamente economico che lascia intendere la precisa direzione dei governi di centro-destra. Una scuola non del sapere ma del guadagno, guadagno inteso come risparmio per l’erario pubblico e come formazione mirata, riservata ai pochi eletti dei licei.

Se infatti il “percorso a ostacoli” di una scuola elementare e media profondamente dequalificata non fosse bastato a demotivare, la delega della governance del settore tecnico agli Enti regionali, avrebbe portato con successo a termine il processo di de-formazione scolastica. In realtà l’unico provvedimento di immediata attuazione fu l’abrogazione della legge sui cicli scolastici. Per il resto la ferma opposizione del mondo della scuola e le difficoltà che comportava l’approvazione di una “legge delega” immobilizzarono la situazione. Ma l’eredità del ministero Moratti è pesantissima. Si abbandona l’idea di una riforma sostanziale e globale del sistema scolastico. Si fonda, dall’altro lato, il principio di una scuola “sprecona”, inutile emorragia di denaro pubblico.

Mi sono addormentato davanti al televisore, i dati continuavano ad arrivare, confusi. Ce la dovevano fare. Per un pugno di voti, vince l’Unione! Nuovo Ministro e nuove parole d’ordine: la “strategia del cacciavite”. Nuovo ministro ma vecchie riforme.

Fioroni proclamò, impettito e orgoglioso, che non avrebbe tentato l’ennesima, inutile riforma di sistema. Si cambia! Stavano già approntando tutta una serie di interventi correttivi, volti alla maggior efficienza e funzionalità: una mediazione, resa necessaria dal caos normativo creato dai tentativi precedenti. Alzò l’obbligo scolastico a sedici anni, mettendo riparo all’intervento, antico, di Berlinguer. Ridiede slancio all’istruzione tecnica, sotto il potente stimolo, non degli studenti, figuratevi, ma del potentato di Confindustria. Ma non è un po’ ingenuo credere nell’assoluta bontà di un pacchetto di interventi contenuti (sarà un caso?) nel provvedimento sulle liberalizzazioni targato Bersani? Qualche toppa si è messa, è vero. Non cambia però l’idea malevola che attraversa, di fondo, tutta la politica scolastica italiana dell’ultimo decennio: Scuola deve essere sinonimo di Risparmio. Fioroni non fece eccezione e provvedette a rendere operativi i tagli previsti dal Cap. III art. 65 – 68 della legge finanziaria 2006: 448,20 milioni per l’anno 2007, 1.324,50 milioni per l’anno 2008 e 1.402,20 milioni a decorrere dall’anno 2009, per un importo complessivo di 3.174,90 milioni di euro. Per ottenere questo strabiliante risultato furono promossi interventi strutturali: innalzamento del rapporto alunni/classe, con conseguente risparmio (vedete come ricorre questa parola?) degli insegnanti (19.032 risparmiati) cui vanno aggiunte 7.000 unità di personale ATA.

Nuovo ministro, nuovo slogan, ma stessa esiziale associazione di termini.

Crolla Prodi, ritorna Berlusconi. Ma la guardia cambia nei vari dicasteri: via tutti i vecchi imprenditori, dentro giovani rampanti, dalla folgorante, troppo folgorante, carriera politica.

Arriviamo a lei. Resterà indimenticabile, ne sono sicuro, con le sue fantasiose storie di tunnel trans-nazionali. Guarda al futuro! Quanti ricordi mi porta alla mente la Gelmini. Una rabbia, una rabbia feroce contro chi, da emblema dell’inefficienza del sistema scolastico italiano, dell’ignoranza crassa che la scuola, purtroppo, non è stata capace di arginare, zittiva con supponenza ogni opposizione, adagiata sul trono di una supposta superiorità (quale questa sia attendo di saperlo). Ha resuscitato, in una vasta operazione di mascheramento delle reali riforme scolastiche, pratiche folkloristiche e vetuste: il grembiule, la votazione numerica, il maestro unico.

La Gelmini è stata la vice – Tremonti, che con la legge n.133 del 2008 ha avviato un processo di razionalizzazione del sistema di istruzione: tagli al personale scolastico, all’orario, alle sperimentazioni. Risparmio: 87.000 insegnanti, 60.000 impiegati e 8 miliardi di euro.

Non vale la pena approfondire ulteriormente. Con la Gelmini si è portato ad un livello di eccellenza il processo di subordinazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca a quello dell’Economia. Ci aveva provato la Moratti, aveva tentato, nascostamente, Fioroni, ma la corona d’alloro è tutta per lei. Non ci scorderemo di te, Mariastella, sarebbe impossibile.

Quando è caduto Berlusconi ho festeggiato, ma avevo paura. Alla romana: e mò?

Sono venuti i “Professori”. E al Ministero di viale Trastevere è salito Francesco Profumo: ingegnere elettronico, professore ordinario al Politecnico di Torino e, dal 2005, Rettore dello stesso ateneo. Dopo un’imprenditrice, un medico e un “avvocato” (le virgolette sono d’obbligo) si ritorna ad una personalità del mondo dell’istruzione. Chiarisce subito la dimensione della sua svolta: “Questo non sarà un anno di tagli per la scuola. Credo che quella fase sia terminata. Il Paese ha capito che il vero investimento per il suo futuro è proprio nella scuola. (…) I docenti non hanno stipendi corretti (…) Non sono confrontabili con quelli degli altri Paesi, ma io credo che il corpo docente in questo momento chiede prima di tutto di essere rispettato e rivalutato. Tutta la scuola chiede di essere rivalutata per quello che rappresenta per l’intero Paese”. Anche Profumo ha i suoi slogan da proclamare: MERITO e TECNOLOGIE. Il pacchetto merito ha introdotto innovazioni e modifiche che mirano alla promozione dell’eccellenza, concedendo generosamente agevolazioni e sostegno (borse di studio, “studente dell’anno”, Olimpiadi nazionali in varie discipline, etc). Si è guardato anche al mondo del lavoro, prevedendo per le aziende uno sconto del 30% sulle tasse per assumere entro tre anni dalla laurea i giovani.

Sul capitolo del rinnovamento tecnologico si sono poi scagliati in molti: ha senso destinare milioni a tablet, lavagne interattive multimediali e computer quando spesso le problematiche investono perfino l’aspetto strutturale degli edifici scolastici? E’ un tentativo, attenuato dal fatto che molti interventi, soprattutto a livello strutturale, devono essere delegati agli Enti regionali e provinciali.

C’è poi il capitolo più controverso: il “concorsone” per gli insegnanti. Cominciamo con il dire una cosa: è il primo mai organizzato, dal 1999. Non è poco. Solo dopo si può aggiungere che non potranno partecipare, per tutta una serie di condizioni, molti giovani. Per questi però il Ministro ha promesso un nuovo concorso per l’anno prossimo. Credo che in questo caso la parola di un Ministro possa valere qualcosa. Altre critiche sono piovute sulle modalità di svolgimento del concorso: agli 11.542 posti distribuiti dal concorso su due anni, si aggiunge l’immissione in ruolo di un pari numero di precari sulla base delle graduatorie. Pochi posti, troppi forse, poca considerazione delle graduatorie.

Forse però occorre avere uno sguardo più ampio, che parta dalle storie antiche di Luigi Berlinguer. Seppure ha rifiutato, per il poco tempo a disposizione, una riforma globale del sistema scolastico, Profumo ha individuato i nodi problematici fondamentali della gestione dell’istruzione in Italia e verso questi ha indirizzato i suoi interventi: rivalutazione e riqualificazione del corpo docente, aggiornamento tecnologico della didattica, adeguamento degli investimenti. I provvedimenti del suo Ministero non risolveranno tutto, forse quasi nulla, ma hanno dato la strada, hanno indicato le direzioni da seguire, ad ogni costo e prima possibile, prima di arrivare ad una condizione di non-ritorno.

Ma la svolta di Profumo, a ben guardare, è anche un’altra, visibile, tutti i giorni. La Scuola è un Bene, per la scuola si deve investire. Uno slogan nuovo, assurdo, impensabile fino a pochi mesi fa. Ecco la rivoluzione più importante, quella che può sperare di permeare le coscienze e condurre ad un reale cambiamento: l’immagine. Non è poco. Ho assistito al discorso di inaugurazione del nuovo anno scolastico che il Ministro ha tenuto il settembre scorso, nel cortile d’onore del Quirinale. Mi ha toccato. E sono tornato, con la mente, ad un altro discorso, di un anno fa. Il sottosegretario e maestro di strada Mario Rossi-Doria ha detto ai giovani accorsi alla Camera parole importanti, di coraggio, legalità e cultura. Gli tremavano un po’ le mani e la voce. Forse quest’anno non servirà scendere in piazza. I ricordi, recenti, mi danno una forza in più. Ho visto due immagini positive, non di potere: due Professori parlare per la scuola.

Andreas Iacarella

 

 

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