La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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14 novembre: Manifestanti, istituzioni, media, fate un po’ come cazzo vi pare

Scritto da – 16 Novembre 2012 – 18:49Un commento

Mi avete rotto il cazzo. Tutti quanti. I poliziotti frustrati e dementi, come l’animale che a Roma ha massacrato il ragazzo che strisciava per terra; e anche quelli che eseguono gli ordini dei macellai al comando di questo Stato comatoso solo perché non vogliono perdere il lavoro, o temono qualsiasi tipo di ripercussione disciplinare, evidentemente. Con la cultura non si mangia, infatti è qui la festa, qui sono gli stipendiati (pure mal pagati). A tale proposito: perché i telegiornali e i mezzi di disinformazione oscurano puntualmente i visi degli agenti? Per quale motivo è stato oscurato il viso dell’agente che ha giocato a bastonare il ragazzo inerme? Era in un luogo pubblico, e comunque la stessa “delicatezza”, attenzione, si sarebbe dovuta usare anche nei confronti dello studente. A che gioco vogliamo giocare? Io lo so, per questo mi sono rotto il cazzo.

Mi hanno rotto il cazzo i collettivi universitari, i cui componenti, naturalmente, non predicano apertamente la violenza ma si organizzano ugualmente ad ingaggiare battaglia al momento opportuno. Per legittima difesa, ed è sacrosanto; e a volte anche per legittima difesa (di parole d’ordine impronunciabili). La strada dell’ironia non la conoscono, il loro “Pantheon”, del resto, è quello dei “fantastici cinque”. Al grande Ricatto del potere non sanno gridare un “Noi il lavoro non lo vogliamo. E vi veniamo a rubare a casa” (questo si chiama un degno ricatto sociale), e invece – e con loro impiegati, insegnanti, ricercatori, commercianti – implorano continuamente il lavoro a chi non vede l’ora di farsi implorare (più cresce la domanda, più l’offerta diminuisce in termini di prezzo. Elementare, Watson).

Nel caso contrario, se scontro deve essere, si deve preventivamente parlar chiaro ai potenziali partecipanti (che sappiano almeno a cosa vanno incontro!), senza avere il terrore della classica “condanna alla violenza”, spesso parafulmine dei paraculi. Come conseguenza di ciò, mi stanno sul cazzo pure gli studenti. Quelli che abbandonano le prime file impegnate in una guerriglia delirante che avrà come unico risultato solo una scorpacciata di manganellate, perché si sta tutti insieme fin quando regge la facciata del carnevale, e poi… ‘sti grandi cazzi, chi si è visto si è visto. Con la cultura non si mangia. Qui, effettivamente, non si mangia.

Mi hanno rotto il cazzo pure i teppisti, gli infiltrati, gli sbandati, i personaggi delle istituzioni che rilasciano i soliti commenti in fotocopia, i giornalisti furbi. In definitiva, mi ha rotto il cazzo chi non ha ancora capito che in ballo non c’è solo una questione di fisiologia, di nutrimento e bisogni primari dell’organismo vivente a cui basta mangiucchiare, spaccandosi il culo in nome di ciò che nobilita il più scaltro. Maledetto sterco, il lavoro e i soldi. Due stronzi che fanno “pluf” a contatto con l’acqua del cesso nel momento in cui vengono sganciati. Basta con la fumosa, insulsa, inutile formula dei “diritti dell’uomo”. Il diritto si crea. Che si lotti per una nuova giurisprudenza, che si produca giurisprudenza! Deleuze, lo diceva: «Siamo sempre nella giurisprudenza. Agire per la libertà, divenire rivoluzionario, vuol dire agire nella giurisprudenza. Quando si invoca la giustizia, la giustizia non esiste. I diritti dell’uomo non esistono, Conta la giurisprudenza, questa è l’invenzione del diritto. Si tratta di inventare delle giurisprudenze in cui, per ogni singolo caso, non sarà più possibile una cosa simile». Liberi tutti! Ovviamente. Liberi tutti anche dalle strutture.

Ferdinand Bardamu

 

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