Un pianoforte in sottofondo che aleggia nell’ aria, mentre un lieve venticello spira da ovest. Un luogo da scoprire, lontano dalla frenesia della città. Un vero paradiso in cui ritemprare l’ anima, poco distante da Milano. Costeggiando il Naviglio Grande lungo la pista ciclabile o con la macchina, si giunge in cittadine perse nella più aperta campagna lombarda; sorprende che esistano ancora posti tanto incontaminati dalla voracità della metropoli. Si potrebbe dire che lo stesso John Constable abbia dipinto questi paesaggi, simboli di uno spirito puro e in pace con se stesso, in armonia con tutto ciò che lo circonda. Il nostro viaggio si ferma a Robecco sul Naviglio, minuscolo paese dopo Abbiategrasso. Avvolte in un cielo macchiato da qualche nube bianca, le strade strette e tortuose di tipico impianto medievale, conducono il visitatore alla scoperta di meraviglie insospettabili. Una delle prime tappe è la chiesa di San Giovanni Battista, esempio di architettura del Medioevo che ha subito l’ intervento barocco. Entrando si potrà ammirare il fasto risalente a quel gusto a volte esagerato; eppure, si viene immancabilmente attratti da quell’ uso spregiudicato del bianco che fa risaltare l’ altare e conduce inevitabilmente l’ occhio verso il soffitto, verso la volta affrescata con un motivo a rose; uno sguardo verso il divino, si potrebbe pensare. Continuando, poi, la passeggiata lungo una piccola stradina, ci si imbatte in una villa imponente, appena godibile a causa della vegetazione troppo selvaggia. Il fascino di una rovina, racchiusa gelosamente da un alto cancello in ferro battuto, che riporta la classica “ N ” napoleonica. Spingendosi oltre, si apre di fronte a noi un paesaggio stupendo: a catturare lo sguardo è il verde intenso di una vegetazione che lentamente impallidisce sotto i morsi del primo freddo. Lunghi e nitidi i riflessi sulle acque di un naviglio completamente diverso da quello al quale la nostra consuetudine è abituata. Trionfano la pace e la tranquillità, protetta dalle alte torri di un castello, ora biblioteca civica, che si affaccia direttamente sul corso d’ acqua. Squisitamente medievale e appartenuto a qualche nobile signore, l’ edificio domina e stringe il suo sguardo sulle case dell’ altra riva. Subito di fianco, si trova un grazioso ponticello, che sembra separare magnificamente e quasi delicatamente il castelletto da un’ altra importante costruzione, Villa Gaia, prima appartenuta ai Visconti Borromeo e ora della famiglia Confalonieri. Difficile non far correre la mente ad un tempo storico lontano come quello del Romanticismo mentre la si osserva. La villa si presenta in puro stile ottocentesco, ocra e giallo tenue le facciate, che ben si fondono con la natura circostante, creando un senso di quiete assoluta. Il magnifico giardino che questa struttura ha da offrirci, un boschetto di tigli, si staglia all’ orizzonte illuminato dalla luce intesa del sole; nascoste fra un albero e l’ altro alcune statue greche. In un baleno ci troviamo in quello stesso luogo, risucchiati dalla magia di quelle forme scultoree, ad immaginarci in vestiti d’ epoca mentre passeggiamo avvolti da chissà quale pensiero; la nostra anima inizia a respirare. Superata la guardiola della villa, i salici piangenti lungo la riva, mollemente ricadono sull’ acqua, fino a sfiorarne la superficie; creano dei giochi di luci e ombre nei quali lo sguardo ama perdersi e confondersi. Nascosto, un colonnato ormai diroccato accanto ad un’ altra Venere che attende con ansia un lettore colto al quale fare da compagna. Ridente, il cuore sposta la sua attenzione verso l’ orizzonte che si perde lungo la strada del Naviglio, ormai immemore del frastuono della città. E, a cingere in un dolce abbraccio, si scorge da lontano il Monte Rosa, appena imbiancato, avvolto dalla foschia. Un quadro perfetto, campagna che libera lo spirito.

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