La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Fiat Chrysler: bye bye Italy!

Scritto da – 14 Ottobre 2014 – 16:07Nessun commento

Era l’11 luglio 1899 quando la “Fabbrica Italiana Automobili Torino “ nacque, destinata a diventare nei decenni successivi la società automobilistica di bandiera; tuttavia, a partire da lunedì 13 ottobre 2014, questa storica società verrà quotata anche a Wall Street, oltre che a Milano, con il nuovo logo “Fiat Chrysler Automobiles NV” (FCA). Questo risultato è stato raggiunto dopo un lungo processo di fusione che si è concretizzato con l’approvazione dell’assemblea dei soci l’1 agosto, aprendo, di conseguenza, a nuove prospettive di mercato. Prospettive che negli ultimi 5 anni hanno trasformato la FIAT in un gruppo globale grazie a strategie aziendali che l’hanno portata ad estendere le proprie vendite non solo in Europa, ma anche nel Continente americano, reagendo alla crisi che ha colpito il mercato dell’auto.

Il cambio del logo simboleggia, quindi, una società in forte espansione nel mercato, con il tentativo di dare l’impressione di voler mantenere un legame con il passato che in realtà è solo di facciata. Quella che un tempo era la società automobilistica di bandiera italiana, oggi presenta un legame sempre più marginale con il nostro paese: sede legale in Olanda e sede fiscale a Londra, mantenendo a Torino la sede delle attività europee del gruppo e quella di Exor, la sua holding. Insomma, in questi anni tale operazione di fusione non avrebbe fatto altro che smantellare a poco a poco la presenza di questa società, lasciando in Italia, come dicono i sindacati, solo i cassintegrati. È un addio che dura da anni, nonostante sia sempre stato negato.

Già l’uscita della Fiat dalla Confindustria nel 2011 e l’abbandono della relativa contrattazione collettiva preannunciava la volontà di un distacco molto forte con la confederazione delle imprese. Da questo momento la società iniziò a concludere dei contratti nelle sedi di Mirafiori e Pomigliano solo con le sigle sindacali dei lavoratori interne all’aziende stesse, ponendosi in forte contrasto con le sigle nazionali. Comportamenti, quindi, finalizzati ad allontanarsi da logiche industriali arretrate ed inefficienti per un’impresa internazionale come la Fiat.

Particolarmente efficace è l’analisi fatta da Giuseppe Berta, professore di storia industriale presso l’Università Bocconi: ” Non va via solo la Fiat, è il sistema italiano della grande impresa che non c’è più. Abbiamo troppo poche aziende di dimensioni medio grandi, intendo dal miliardo e mezzo ai tre miliardi di fatturato perché non c’è una piattaforma che le valorizzi e che consenta loro di fare massa critica”. Da queste parole è necessario fare una riflessione: il tentativo del management di alienare la società dal suo paese natale rappresenta il sintomo di un sistema industriale, come quello italiano, incapace nell’ultimo decennio di incentivare nuovi investimenti e offrire prospettive di crescita. Ciò è causato prima di tutto da una pressione fiscale che strozza fortemente l’industria italiana, rendendo molto difficile la possibilità di operare nel mercato ed essere, conseguentemente, competitiva.

In secondo luogo, il nostro sistema burocratico richiede costi elevatissimi rispetto ad altri paesi europei, come appunto l’Olanda, portando le imprese a dover sostenere dei costi più elevati. La vicenda Fiat esprime tutte queste problematiche, che dovrebbero portare il Governo e il Parlamento ad andare incontro alle esigenze delle imprese per evitare il collasso del nostro sistema industriale.

Edoardo Cossu


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