La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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RU486 , la pillola della discordia

Scritto da – 7 Settembre 2010 – 09:0943 commenti

Ci sono molti modi per definire un bambino. Errore, sfortuna, violenza, cosa di una notte, dono del cielo, deformazione fisica. Tante parole per dire una sola cosa: gravidanza. Indesiderata o meno, si tratta sempre di una gravidanza. Vita o non vita, quella “cosa lì” è dentro di noi che cresce, si nutre, si fa spazio e cerca in tutti i modi di restare aggrappato alla vita, concetto alquanto flebile nel suo caso. Non ha possibilità di scelta, dipende interamente dalla decisione dei suoi genitori, o molto più spesso della madre, che possono scegliere che cosa fare di lui. Un feto senza nome fluttua nell’utero di donne che non lo hanno cercato, aspettato o richiesto. Donne che hanno subito violenze sessuali, che hanno usato il preservativo sbagliato o che si sono semplicemente dette “a me non capita di certo”. E invece eccolo. Il test non mente, il ciclo non arriva e il dottore lo conferma. È proprio vero. E tu, magari poco più che bambina, hai un fardello che già ti pesa come un macigno.

A questo punto sorge il problema più grande: che fare? Tenerlo e magari odiarlo? Darlo in adozione? Abortire? E quell’ultima parola sembra galleggiare sospesa, parola terribile, fredda, malvagia. L’aborto, scelta controversa che molto spesso viene presa sottogamba, come se non ci fossero ripercussioni, e non dico problemi fisici, non soltanto. Si soffre per l’aborto, si soffre per quel che ti viene tolto, per quel che c’è stato dentro di te e ora non c’è più, per i sensi di colpa e i dubbi che ti perseguiteranno . Non è mai una decisione semplice. Ma è una scelta e le donne hanno ottenuto l’opportunità di compierla.

Nel 1981, infatti, scendono in piazza e urlano il loro desiderio di poter scegliere, di poter uscire dalla condizione di moglie e madre per ottenere qualcosa di più dalla vita. Padrone di se stesse; la frase suscita già una ventata d’orgoglio per coloro le quali chiedono, nel paese dei preti, proprio l’aborto. Anche in Italia, sebbene con grandissimo ritardo rispetto al resto dell’Europa, giunge questo fermento rivoluzionario in una cultura basata sulla famiglia.

Un referendum storico che da inizio alle pratiche abortive. Il cosiddetto raschiamento, che avviene con l’uso di un apposito cucchiaio, chiamato curette, il quale raschia la parete dell’utero.

In tempi recenti è giunta in Italia la pillola della discordia, la RU-486, noto steroide sintetico utilizzato nei primi mesi della gravidanza come farmaco per l’aborto chimico.

Il medicinale, conosciuto anche come mifepristone, rispetto agli altri metodi abortivi tradizionali non rende indispensabile il ricovero in ospedale, comunque previsto dalla legislazione italiana, e non richiede alcun intervento chirurgico. Il mifepristone agisce direttamente sui ricettori progestinici (gli ormoni che assicurano il mantenimento della gravidanza), inibendo lo sviluppo embrionale, causando il distacco e l’eliminazione della mucosa uterina, con un processo simile a ciò che accade durante il ciclo mestruale.

Due giorni dopo la somministrazione della RU-486, viene somministrata una sostanza (prostaglandina) che provoca contrazioni uterine e favorisce l’eliminazione della mucosa dell’embrione, insomma “ripulisce” l’utero.

Questo procedimento può comportare crampi addominali, perdite di sangue abbondanti della durata di nove o più giorni, nausea e diarrea. Si corre il rischio di incorrere in complicazioni, come eccessive perdite di sangue o espulsione incompleta, con conseguente necessità di un intervento chirurgico, l’aspirazione, per rimuovere i resti del tessuto embrionale rimasti nella cavità uterina.

Le ricerche che hanno dato luogo alla creazione della pillola sono state svolte in Francia, a partire dal 1970, da un gruppo di chimici guidati da Etienne-Emile Baulieu ed Edouard Sakiz. I loro esperimenti si concentrano sulla realizzazione di una gamma completa di steroidi per il regolamento dell’attività ormonale e anti-ormonale. Nel 1982 Baulieu presenta all’Accademia delle scienze il mifepristone, in uso in Francia dal 1988.

Nel 1990 il farmaco fa il suo ingresso in Inghilterra, generando un acceso dibattito tra conservatori e laburisti. I primi sostengono l’immoralità e l’irresponsabilità del progetto, che porterebbe le donne inglesi a una maggiore frivolezza nei rapporti interpersonali; il loro timore è anche che si giunga a una banalizzazione dell’aborto e che il governo laburista decida di rendere disponibili le pillole, attualmente reperibili negli ospedali e nei consultori di pianificazione familiare, anche presso i medici di base. L’obiettivo del governo inglese è solo quello di snellire le procedure che regolano l’accesso al farmaco e diminuire i tempi d’attesa per le donne che hanno già deciso di interrompere la gravidanza. Un tempo d’attesa troppo lungo, infatti, causerebbe un rischio fisico e psicologico nelle pazienti. La controversia si estende anche sulle potenziali conseguenze a lungo termine della pillola abortiva, che secondo alcuni può danneggiare la fertilità.

In Spagna la RU486 arriva nel 1994. Il ministro della salute, Trinidad Jimenez, annuncia che sarà prossimamente disponibile l’acquisto in farmacia, senza ricetta e senza limiti d’età. Il ministro ricorda, però, che la pillola non va utilizzata come metodo anticoncezionale, ma solo come ultima risorsa.

Il governo spagnolo sembra sottovalutare i rischi del farmaco; si tratta, in ogni caso, di un procedimento medico e non va dimenticato che esistono delle complicazioni. Si sono già registrati 26 morti nel mondo per l’uso del medicinale e non si sa ancora quali conseguenze possa apportare all’abortente dopo l’assunzione.

Inoltre, un’eccessiva liberalizzazione del metodo, può portare al rischio di banalizzare l’aborto. Non bisogna dimenticare che è una scelta impegnativa e che, qualsiasi decisione sia presa, cambia completamente la vita.

Le discussioni non si fanno attendere nemmeno in Italia, dove la RU486 ha già sollevato un polverone. Dopo un lungo dibattito è stata resa possibile la distribuzione solo negli ospedali, dove è previsto il ricovero.

Il Bel Paese si è già diviso sul tema, trovando un netto rifiuto alla diffusione della pillola tra le file della Lega, in particolare i neo governatori leghisti Cota e Zaia, rispettivamente di Piemonte e Veneto. Ferruccio Fazio, ministro della salute, ricorda che esiste una legge e che questa va rispettata. Si parla della legge 194, risalente al 1978, per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza, che prevede la possibilità di altri metodi d’aborto oltre a quello chirurgico. L’articolo 14 stabilisce, inoltre, che il medico che dovrà eseguire l’interruzione della gravidanza sia tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite, nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, da attuare in rispetto alla dignità personale della donna.

Nel nostro paese è forte anche la voce del Vaticano, che fa leva sulla sacralità della vita.

La gravità dell’aborto deriva, secondo la Chiesa, dal fatto che in certi casi, forse abbastanza numerosi, rifiutando l’aborto si reca pregiudizio a beni importanti, che è normale voler salvaguardare e che possono anche apparire, talora, prioritari. Non si possono misconoscere queste gravissime difficoltà. Si deve senz’altro affermare che mai alcuna di queste ragioni può conferire oggettivamente il diritto di disporre della vita altrui anche se in fase iniziale; e, per quanto concerne l’infelicità futura del bambino, nessuno, neppure il padre o la madre, può sostituirsi a lui, neanche se è ancora allo stato embrionale, per preferire a suo nome la morte alla vita. Egli stesso, raggiunta l’età matura, non avrà mai il diritto di scegliere il suicidio; tanto meno, dunque, finché non ha l’età per decidere da solo, potranno essere i suoi genitori a scegliere la morte per lui. La vita, infatti, è un bene troppo fondamentale perché possa essere posta a confronto con certi inconvenienti, benché gravissimi.

I sostenitori del farmaco ritengono che, pur non negando il valore della vita umana, il concepito sia titolare di una legittima aspettativa a nascere, ma non di un vero e proprio diritto, e in questo senso che debba prevalere su questa aspettativa, nei casi previsti, la libera e consapevole autodeterminazione della madre.  La maggioranza delle persone favorevoli all’aborto sostengono la necessità di ricorrervi nel caso di una gravidanza indesiderata, di un feto malato o deforme, o se semplicemente non si è ancora pronti. Sebbene la pillola RU486, o più in generale l’aborto, sia una grande possibilità data alle donne, non bisogna dimenticare che esistono altre opzioni che lo Stato ha dato a tutte noi, come la possibilità di lasciare il bambino in ospedale in assoluto anonimato e darlo così in adozione. Perché se noi non siamo disposti a volerlo, forse qualcuno pronto ad amarlo c’è.

Stefania Cavallini


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