La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Ritorno al nucleare

Scritto da – 7 Settembre 2010 – 12:49Nessun commento

Con 154 voti a favore, un solo contrario e un astenuto, il Senato ha dato il definitivo via libera al “DDL Sviluppo“:  l’Italia dopo 22 anni torna al nucleare. In Italia si è riaperto da mesi il dibattito sul nucleare. La posizione del governo italiano sulla questione della gestione delle scorie nucleari – i rifiuti radioattivi lasciati in eredità dalla scellerata stagione nucleare italiana che si è conclusa con il Referendum dell’ 8 novembre 1987, il cui risultato ha risentito del disastro di Chernobyl – continua ad essere confusa e contraddittoria.  Il disastro di Chernobyl avvenne il 26 aprile 1986 alle ore 01:23:58 con l’esplosione del reattore numero quattro della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina (allora parte dell’Unione Sovietica), vicino al confine con la Bielorussia. In seguito alle esplosioni, dalla centrale si sollevarono delle nubi di materiali radioattivi che raggiunsero l’Europa orientale e la Scandinavia oltre alla parte occidentale dell’URSS. Vaste aree vicine alla centrale furono pesantemente contaminate rendendo necessaria l’evacuazione e il re insediamento in altre zone di circa 336.000 persone; 200 persone furono ricoverate immediatamente, di cui 31 morirono ( 28 di queste per l’ esposizione diretta alle radiazioni ). La contaminazione provocata dall’incidente non interessò solo le aree vicine alla centrale, ma si diffuse irregolarmente secondo le condizioni atmosferiche. L’AIEA ha rilevato 1800 casi documentati di cancro alla tiroide in bambini che all’epoca dell’incidente avevano un’età compresa tra 0 e 14 anni. Le repubbliche, adesso separate, di Ucraina, Bielorussia e Russia sono ancora oggi gravate dagli ingenti costi di decontaminazione ed è alta l’incidenza dei tumori e delle malformazioni sugli abitanti della zona colpita. Dopo un’inversione di tendenza dovuta alla crisi economica e all’aumento dei prezzi delle fonti energetiche tradizionali, il disegno di legge è stato anticipato nel febbraio scorso da un accordo sottoscritto dal Presidente francese Nicolas Sarkozy e dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per la collaborazione tra Edf (Electricite de France) ed Enel nella produzione di energia nucleare, dove sostanzialmente si concorda di creare le premesse in vista di costruire quattro centrali EPR ( Reattore nucleare ad acqua pressurizzata Europeo ) da 1.600 MW ciascuna. Secondo il Partito Democratico non è chiaro a chi spetti il compito di individuare i siti delle nuove centrali. Il rischio è che la competenza sia assegnata alle imprese dell’energia contro il parere delle Regioni, in base al principio del potere sostitutivo del Governo in mancanza di un accordo con gli Enti Locali. L’Italia è quasi priva di fonti autoctone di energia: nel 2007 le importazioni hanno raggiunto complessivamente l’86 % del fabbisogno. Tra i Paesi europei più industrializzati il nostro è quello nelle peggiori condizioni; tra tutti gli Stati UE peggio di noi, stanno solamente Malta, Lussemburgo, Cipro e Irlanda. Tuttavia, l’atteggiamento favorevole che sta emergendo tra le persone deriva in buona parte dai costi, considerati elevati, dell’energia elettrica e delle recenti vicende del petrolio il cui prezzo, altamente volatile (massimo 147$ / barile nel luglio 2008), denuncia la presenza di una fase di crisi e spinge la popolazione a ritenere valida ogni tipo di alternativa. Va però detto che in Italia il collegamento che è fatto tra il petrolio e la fonte nucleare è largamente ingiustificata poiché la quota di elettricità prodotto con l’uso del greggio è inferiore al 13 %. Subito si è accesa a livello politico e mediatico la discussione su dove collocare gli impianti, poiché la vicinanza di queste infrastrutture non è per nulla gradita. Non è molto chiaro perché la Francia voglia far costruire quattro centrali nucleari in Italia. Le motivazioni che vengono offerte sono sostanzialmente tre. Anzitutto, il nucleare è un grande business, di quelli che piacciono alle grandi aziende, perché muovono una montagna di soldi, vasti giri d’affari: è l’aria che i grandi gruppi, come quelli dell’energia, respirano più volentieri. Un’altra motivazione è, a differenza della prima, proclamata ai quattro venti: si tratta di assicurare la certezza dell’approvvigionamento nazionale di energie, viste le incertezze sul gas, protagonista assoluto oggi, dell’elettricità italiana. Altra motivazione è che si tratta di partecipare a un importante sviluppo tecnologico. Enel e Edison, i più importanti gruppi italiani, fanno già nucleare, sia pure fuori dai confini nazionali. I dirigenti dell’Enel si sono più volte vantati di poter utilizzare, nelle loro centrali, tutte le tecnologie nucleari oggi disponibili. Se tutto andrà bene nel 2030 dovrebbero arrivare i reattori di quarta generazione quelli, per dirla in breve, che non producono scorie. Infine, l’energia atomica non produce anidride carbonica e, dunque, effetto serra. Considerando il costo effettivo degli impianti nucleari che si stanno costruendo in Europa, le quattro centrali italiane costeranno all’incirca 20 miliardi di euro. E’ legittimo chiedersi se – nel governo e nelle aziende – qualcuno abbia provato a valutare quali effetti avrebbe avuto un programma altrettanto ambizioso di sviluppo delle fonti rinnovabili : quali risultati avrebbe dato, come avrebbe posizionato l’industria italiana nella tecnologia futura dell’energia, quale sarebbe stato l’impatto sull’occupazione. E’ noto, infatti, che esaurita la fase del cantiere, nelle centrali atomiche lavorano in pochi, soprattutto se la tecnologia la compri all’estero. Inoltre, è utile capire anche i particolari di costo ed energia di un possibile ritorno all’atomo. Partiamo dall’investimento: secondo i dati comunicati dall’Enel, un reattore di terza generazione dovrebbe costare circa 4 miliardi di Euro. Se si considera che il più grande impianto fotovoltaico italiano, di prossima costruzione nel sito di Montalto di Castro (sorgerà su una superficie di dieci ettari, ancora una volta a marchio Enel ), avrà una potenza di 6 MW, produrrà un massimo di 7 milioni di chilowattora l’anno ( pari al fabbisogno di appena 2.700 famiglie, quanto un quartiere di Roma ) e costerà 30 milioni di Euro, il paragone è subito fatto. Nel maggio scorso si faceva anche riferimento alla Sardegna, dalle parti di S. Margherita di Pula a sud. Alla Puglia, sulla costa di Ostuni. Lungo il Po, dal vercellese fino al mantovano, dove già esistevano le centrali di Trino e Caorso. L’obiettivo del governo è di arrivare a coprire il 25 % del fabbisogno nazionale, allontanando la fame di petrolio della penisola: l’Italia è il settimo importatore al mondo di petrolio. Secondo quanto previsto dall’accordo con Edf, il ritorno all’atomo dovrebbe coprire il 25 % del fabbisogno nazionale di energia, una percentuale impensabile con la sola energia alternativa e che, in caso di abbandono del nucleare, ci costringerebbe a dipendere ancora dai Paesi che invece l’energia pulita la esportano ( come la Francia, che ha le centrali atomiche a 70 chilometri dal confine italiano ).

PRINCIPALI COSTI ENERGETICI DI UN REATTORE DI POTENZA ,  FINO ALLA FINE DELLA SUA VITA UTILE :

  • I costi di energia per costruire e condurre l’impianto;
  • I costi energetici per estrarre il minerale dalle miniere e per raffinarlo;
  • I costi energetici per arricchire l’uranio;
  • I costi per la conduzione e la manutenzione ordinaria degli impianti;

La catena del nucleare comincia con l’estrazione dell’uranio; soltanto una parte infinitesimale, circa un decimillesimo, di ciò che viene estratto da una miniera di uranio è utile alla fabbricazione di combustibile. Per alimentare una centrale media da 1 G Watt servono ogni anno circa 230 tonnellate di concentrato di uranio; per questo pochi sanno che la stragrande maggioranza dell’uranio utilizzato da metà degli anni ’90 a oggi come carburante nelle centrali di mezzo mondo deriva in realtà dallo smantellamento delle testate nucleari dell’ ex Unione Sovietica. La disponibilità di uranio è scarsa; l’uranio è sempre più difficile da estrarre e, a partire dagli anni ‘80, le centrali nucleari consumano più uranio di quanto l’industria minerale non ne produca. Oggi, non c’è nessun sito di stoccaggio definitivo per scorie altamente radioattive, in nessuno dei 31 paesi nucleari. In realtà la grande maggioranza del combustibile utilizzato è conservato in vasche prossime ai reattori. La gestione delle scorie nucleari è poi molto costosa; il costo dello smantellamento degli impianti britannici e della gestione delle relative scorie è stimato a più di 100 miliardi di Euro, con la tendenza ad aumentare. A impatto zero sull’ effetto serra, meno inquinante del petrolio, non dipendente dalle forniture dalle zone di crisi e di conflitto, l’energia nucleare è presentata come una risposta seducente a tutte le incertezze di un mondo economicamente sviluppato che vuole mantenere ad ogni costo i suoi stili di vita, ma tutti noi sappiamo quali sono i “contro” di questa fonte di energia: impatto sull’ ambiente del sito, inquinamento termico,  smaltimento delle scorie e i danni in caso di incidenti) .

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