Non lettori e non acquirenti di libri: è questo il profilo del 60% degli italiani con più di 14 anni
Che gli italiani non siano un popolo di lettori è cosa ormai risaputa e un recente sondaggio conferma questa tendenza, Secondo i dati Istat, rielaborati dall’Ufficio studi di AIE, poco meno della metà dei bambini di 6-10 anni legge un libro non scolastico nell’arco di 12 mesi (46,8%) . Per un rapido confronto, basti pensare che in Spagna la percentuale è del 58%. Il valore in Italia sale, seppur di poco, nella fascia di età successiva (11-14 anni), arrivando al 59,5%, per poi calare progressivamente al crescere dell’età e dei processi scolari, di socializzazione, di multiconsumi tecnologici (la media nazionale è del 43,1%) . In altre parole, circa la metà di bambini e ragazzi inseriti all’interno dei processi di scolarizzazione dell’obbligo e superiori, dichiara di non leggere alcun libro diverso da quelli di scuola: in proiezione sono 3,1 milioni.
L’Italia nel confronto internazionale, è un Paese caratterizzato allo stesso tempo da una crisi nella produttività e da bassi tassi di lettura. Il legame tra i due fenomeni è più stretto di quanto possa sembrare a prima vista. In questa luce deve essere letto anche un dato recentemente pubblicato da Istat: solo un quarto dei lavoratori italiani, solo la metà dei dirigenti e dei professionisti dichiara di leggere un libro per il proprio aggiornamento professionale.
Interessante è lo stretto collegamento che esiste tra il tasso di lettura e la produttività economica. Più lettori è uguale a più Pil. E, scendendo nello specifico, i numeri non mentono: si va dalla Lombardia, che contribuisce al Pil per il 18,9% e ha il 20% di lettori, alla Puglia, con il 4,6% di lettori. In altre parole, la lettura rispecchia perfettamente i fattori di sviluppo economico presenti nelle varie aree regionali, ad esempio se la Calabria avesse avuto negli anni ’70 il tasso di lavoro della Liguria, oggi avrebbe una produttività del lavoro maggiore di 50 punti. E ancora, se in Abruzzo si fosse mantenuto un tasso di lettura pari a quello medio nazionale, oggi la produttività della regione sarebbe maggiore di 20 punti. Strettamente collegato è anche il rapporto tra tasso di lettura e performance scolastiche degli studenti. Ed ecco che chi ha la fortuna di avere in casa una piccola biblioteca ha risultati scolastici superiori del 17% ai compagni; le famiglie italiane, però, non sembrano essere consapevoli di questo: gli investimenti in acquisto di libri negli ultimi tre anni sono calati del 16,9% e se le famiglie di operai destinano lo 0,67% della spesa complessiva nell’acquisto di libri, all’incirca la stessa quota è riservata ai dirigenti ed ai liberi professionisti.
A destare preoccupazione è anche il grave ritardo delle infrastrutture in Italia, soprattutto al Sud. Senza arrivare ai casi limite dei 112 comuni con più di ventimila abitanti che non hanno nemmeno una libreria, al Sud e nelle isole la situazione è preoccupante: appena il 5% dei comuni ne possiede almeno una. Tradotto, significa che più di 7milioni e mezzo di persone non possono entrare in libreria. E non è nemmeno tutto oro, visto che solo il 3% delle biblioteche ha una quantità di libri “significativa” (oltre centomila volumi). Non consola più di tanto apprendere che le risorse destinate alle biblioteche pubbliche si aggirano intorno ai 2 euro pro capite all’anno per l’acquisto di nuovi libri di lettura. Eppure, dicono gli autori che le motivazioni per cui gli italiani non dedicano tempo alla lettura non sono legate alla disponibilità economica; ci sono i libri economici, ci sono le librerie virtuali, ci sarebbe anche la possibilità di imparare per chi è meno scolarizzato, se ne avesse la curiosità… ed è appunto quest’ultima che manca. Non c’è infatti interesse per la lettura, né c’è alle spalle una famiglia che lo crei e neppure la scuola sembra riuscirci. Si legge di più nel Nord-Ovest (67,59%) e nel Nord-Est (66,9%), mentre nel Sud e nelle Isole la percentuale di lettori è di circa il 50%. In posizione intermedia si colloca, invece, l’Italia centrale. Ma quello che colpisce di più è che sono soprattutto i laureati e le persone con il diploma superiore a dichiarare di non leggere per mancanza di tempo libero (rispettivamente il 49,3% e il 42,9%) e perché troppo stanchi dopo aver lavorato, studiato e svolto faccende domestiche (circa il 15%). Gli studenti che non leggono indicano come primo motivo la preferenza per altri svaghi, seguito dalla mancanza di tempo e dal disinteresse. Dunque è in aumento il numero di giovani che non leggono ma che vorrebbero farlo; questa nuova generazione di adolescenti si sta auto-convincendo che prima o poi il tempo lo farà saltar fuori. Inoltre, si conferma basso anche l’investimento annuo degli istituti: 3,31 euro per studente, circa l’equivalente di un cappuccino e brioche al bar.
La scuola, che dovrebbe essere il luogo privilegiato per avvicinare i giovani alle varie tematiche presentate dai libri, non incoraggia alla lettura “contraddicendo la logica della società dell’informazione la cui parola d’ordine è formazione auto-formazione continua e permanente”. Ecco perché c’è poco da stupirsi se appena l’ 11,9% dei giovani in cerca di prima occupazione dichiara di leggere libri per migliorare la propria preparazione professionale.
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