La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

Leggi l'articolo completo »
Società

immersione esistenziale del tessuto del sociale

Politica

Dagli alti ideali ai bui sottoscala del Parlamento. Spaccato sulla sfera Politica di una Italia in declino

Scuola e Università

Vita tra le mura d’Ateneo: l’orizzonte universitario

Cultura

Arte, Musica, Letteratura. Dalle Humanae Litterae, il pane dell’Anima

Informazione

Dalla televisione alla carta stampata. Le mille sfumature del giornalismo.

Home » Scuola e Università

La Gelmini riaccende l’università

Scritto da – 25 Agosto 2010 – 03:08Nessun commento

Quarant’anni fa l’Italia scopriva cosa possono fare gruppi di ragazzi, di studenti, di giovani cittadini che decidono di unirsi per protestare contro ciò che ai loro occhi è un’ingiustizia. Che si tratti di una guerra o di un sopruso ai danni di un compagno. Il mondo dei padri venne scosso, strattonato, svegliato bruscamente da quello dei figli. Dei loro figli.  Volevano cambiare una società vecchia e bigotta, questi studenti irrequieti. Partendo, innanzitutto, dall’università. Negli anni successivi, quell’entusiasmo sembra essere svanito. La voglia di confrontarsi, di discutere, di protestare ha ceduto il posto – salvo eccezioni piuttosto rare – a un’indifferenza e a un torpore non facilmente spiegabili, considerato che né la scuola né la società versano in uno stato idilliaco. Ma, attenzione, anche i bamboccioni (o presunti tali) si incazzano. E la riforma scolastica targata Mariastella Gelmini li ha fatti parecchio incazzare. Per molti, moltissimi studenti la sveglia è suonata, in migliaia in tutto il paese sono (siamo) usciti dal letargo per difendere il diritto all’apprendimento minacciato da quella che è stata ribattezzata “controriforma Gelmini”.

Le novità, o meglio i tagli del duo Tremonti – Gelmini, interessano tutto il mondo dell’istruzione, dalle elementari all’università. A balzare immediatamente all’occhio è il ritorno al passato per cui ha optato il ministro dell’Istruzione: dalla reintroduzione dei voti decimali alle primarie e alle medie, alla riesumazione del grembiulino, senza dimenticare il recupero del voto in condotta. A ben guardare, però, è opportuno concentrarsi sui tagli, sia in termini di euro da destinare alla scuola pubblica, sia in termini di insegnanti, con la tanto chiacchierata ricomparsa del docente unico alle elementari. Ma veniamo a noi, veniamo all’università. Anche qui, l’inesorabile scure governativa è pronta a colpire: la riduzione del fondo di finanziamento ordinario ammonta a ben un miliardo e mezzo di euro in cinque anni. Considerando che anche senza questi tagli i banchi delle aule universitarie non sono coperti d’oro, la domanda sorge spontanea: in che modo gli atenei potranno sopravvivere? La ““soluzione”” (no, non è un errore di stampa, le virgolette sono doppie) la fornisce il governo, consentendo alle università pubbliche di trasformarsi in fondazioni di diritto privato.  Così facendo, gli atenei potrebbero sopperire alla mancanza dei finanziamenti diretti dello stato  aumentando le tasse, che non avrebbero più un limite di legge. A ciò si aggiunga che ulteriori fondi arriverebbero da enti privati, che potrebbero così mettere le mani su quelle che un tempo erano università pubbliche, condizionandone i programmi e soprattutto le ricerche, che si orienterebbero verso i campi più vantaggiosi per gli enti interessati senza badare a interessi socio – culturali.

E le buone notizie non finiscono qui: la legge 133 prevede anche il blocco del turn – over al 20 per cento, ossia per cinque docenti in pensione ne subentra solo uno. Insomma, gli scenari che si stagliano all’orizzonte sono terrificanti: o le università si trasformano in fondazioni private, oppure sono destinate a chiudere i battenti. Diversamente, continueranno a esistere, ma università pubblica e ricerca libera diverranno niente più che un ricordo. Inoltre le fondazioni, a causa di tasse assai elevate, saranno accessibili solo agli studenti provenienti da famiglie benestanti.

Questa quindi è l’università del futuro, pochi studenti, pochi insegnanti e ricerca ridotta al lumicino. Una prospettiva che non piace proprio a nessuno: non agli studenti, non ai docenti, non certo a ricercatori e impiegati amministrativi, e nemmeno ai rettori. La triade Berlusconi-Tremonti-Gelmini è riuscita nell’ardua impresa di mettere d’accordo studenti, professori e, almeno in linea di massima, rettori. Ed è riuscita inoltre a far uscire dal guscio migliaia di ragazzi in tutta Italia, uniti dalla voglia di lottare per il loro diritto allo studio con una passione che personalmente avevo conosciuto solo sui libri di storia (da qui il mio riferimento iniziale – più o meno azzardato – al Sessantotto e alla sua battaglia per un accesso al sapere garantito a tutti).

Da Roma a Napoli, da Firenze a Torino, ma anche a Pisa, Bologna, Parma, Genova, Perugia, Brescia e pure qui a Milano, nella nostra Statale. Con assemblee di migliaia di ragazzi, cortei per le strade, occupazioni degli atenei, fiaccolate, gli studenti hanno manifestato il loro malcontento e l’opposizione alla costruzione di un’università degli eccellenti. Al loro fianco professori, tecnici, impiegati, ricercatori, quest’ultimi con nelle orecchie i rintocchi funebri della ricerca italiana (già in condizioni difficili come noto e come testimoniato sul numero precedente di Orizzonte universitario nell’intervista alla dottoressa Elena Cattaneo). Preoccupazione anche da parte della Conferenza dei rettori (Crui): il presidente, nonché rettore della Statale, Enrico Decleva ha parlato di una situazione pesante per il 2009 che diverrebbe insostenibile negli anni successivi. In un documento indirizzato alla Gelmini, la Crui ha ricordato che gli atenei “sono strangolati e rischiamo di non poter pagare neppure le retribuzioni del personale”. Sul fronte professori, da segnalare la protesta di Piero Bevilacqua, ordinario di Storia contemporanea alla Sapienza di Roma e promotore di un appello firmato da migliaia di docenti che chiedono ai rettori di “raccogliere il profondo disagio e la protesta che sale dalle università e di reagire con l’energia che la gravità della situazione richiede”. “Il provvedimento del governo accompagna l’università alla catastrofe”, si legge nel documento, in cui si parla senza mezzi termini di un vero e proprio “suicidio” degli atenei. Suicidio contro il quale si sono mobilitate anche le università milanesi. In Statale i rappresentanti dei collettivi hanno chiesto una presa di posizione chiara del senato accademico su un documento contro la riforma Gelmini. Un buon numero di studenti si è interessato alla lotta alla “controriforma”; durante un’assemblea tenutasi in una stracolma aula 111, è emersa tutta la voglia di darsi da fare per arrivare alla difficile abrogazione della legge 133.

Le parole chiave e gli slogan sono stati “mobilitazione totale”, “smantellamento dell’università”, “non pagheremo la vostra crisi”; all’assemblea hanno partecipato anche lavoratori e docenti. Un applauditissimo professore ha fatto notare come con questa legge coloro che da anni studiano per il dottorato, in università non ci entreranno mai!  Tanta rabbia, frustrazione, preoccupazione, ma anche voglia di combattere durante l’assemblea e nel corteo che è seguito. Mentre questo numero di Orizzonte va in stampa, altri incontri, scioperi e discussioni avranno trovato spazio tra le mura della nostra università. Perché in gioco c’è il nostro futuro, il futuro della società della conoscenza, un bene comune da difendere. 

PS La prossima volta che vi capita di vedere al telegiornale un esponente del governo dichiarare di puntare sui giovani, fate la scelta giusta, spegnete il televisore. Anzi, disintegratelo.

Forse potrebbe interessarti:

Facebook comments:

Lascia un commento!

Aggiungi il tuo commento qui sotto, oppure esegui un trackback dal tuo sito. Puoi anche iscriverti a questi commenti via RSS.

Sii gentile, rimani in argomento. Lo spam non sarà tollerato.

È possibile utilizzare questi tag:
<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito web supporta i Gravatar. Per ottenere il proprio globally-recognized-avatar, registra un account presso Gravatar.