La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Il giornalismo del futuro tra i vecchi ed i nuovi media

Scritto da – 30 Agosto 2010 – 02:15Nessun commento

Tavola rotonda organizzata dall’Ordine della Lombardia. Dopo 4 ore di dibattito, emergono tante considerazioni ma anche dubbi sull’avvenire della professione. E spunta l’ipotesi del “bollino”… 

Come accaduto esattamente un anno fa, il primo ottobre l’aula magna dell’Università Statale di Milano ha ospitato un convegno sul futuro del giornalismo organizzato dall’Ordine della Lombardia. Questa volta si è discusso di new media e Rete e di come i nuovi strumenti di comunicazione potranno cambiare i mezzi classici. Come lo scorso anno, ad aprire l’incontro è stata una relazione del sociologo Enrico Finzi, che ha fornito diversi spunti di riflessione ai protagonisti della tavola rotonda, composta da giornalisti, esperti di nuovi media e dal presidente della Federazione editori.

D’obbligo almeno un paio di defezioni illustri: nello specifico, quelle dei direttori Ferruccio de Bortoli (Corriere della Sera) e Gianni Riotta (Il Sole 24Ore). Presente invece il direttore de La Stampa Mario Calabresi che, nonostante anch’egli sia impegnato alla guida di un importante quotidiano nazionale, ha mantenuto l’impegno preso. A lui l’applauso del folto pubblico dell’aula magna, tra cui figuravano gli studenti della Scuola di giornalismo Walter Tobagi della Statale, nata da poco dalla fusione del master dell’università con l’Ifg (Istituto per la formazione al giornalismo).

 La ricerca

805 interviste somministrate a un campione rappresentativo degli italiani di età compresa tra i 15 e i 55 anni e regolari accedenti a Internet, pari a un universo di oltre 16 milioni di persone.

Su di loro si è concentrata l’indagine di Astra Ricerche, società di consulenza strategica fondata e presieduta da Enrico Finzi. Interessante un’indicazione preliminare che evidenzia come Internet non sia più un fenomeno prettamente giovanile: infatti, il 53 %dei “navigatori” è 35-55enne (e solo il 38% vive con bambini o ragazzi sino a 17 anni che potrebbero “influenzare” gli adulti), un dato che non può essere sottovalutato da chi si occupa di comunicazione e Rete.

La prima domanda-chiave ha riguardato le fonti d’informazione delle notizie e ha visto il web uscirne vincitore assoluto: ben l’82% degli intervistati accede quotidianamente alle news attraverso il web; seguono tv nazionali (63%), cellulare (48%), radio (48%) e quotidiani (36% ). I nuovi media –  Internet e cellulare (impressionante il dato di quest’ultimo) – al momento non hanno soppiantati i mezzi tradizionali: solo il 37% (5.9 milioni), infatti, dichiara di averne ridotto l’utilizzo, a discapito soprattutto di quotidiani e periodici. Da sottolineare il fatto che 2.3 milioni di persone accedono a notizie a pagamento senza doversi abbonare, 700mila pagano un abbonamento per avere notizie e altri 700mila sono iscritti a servizi internet che inviano news; dati minoritari ma non certo irrilevanti, soprattutto se si considera che 3.3 milioni di internauti abituali si dicono favorevoli a pagare per avere news sul web.

Analizzando la questione sotto il profilo qualitativo, si nota che, secondo gli intervistati, le caratteristiche più importanti delle notizie sono, nell’ordine: serietà e affidabilità, veridicità, chiarezza e quindi precisione. Solo al quinto posto compare la voce “sempre aggiornate”, punto di forza di Internet. Fanalino di coda – deo gratias!-  “vivaci, aggressive”.

Gli internauti regolari ritengono inoltre – e questo è forse il dato più significativo dell’intera ricerca – che Internet possegga sì alcuni vantaggi competitivi (facilità, velocità, autonomia), ma anche dei lati negativi. Per il 29% le web news sono inaffidabili, per il 34% sono dubbie e solo per il 37% risultano valide. Inoltre (e chi l’avrebbe detto) il 47% chiede “giornalismo dei giornalisti” sul web, per tre motivi: maggior chiarezza delle informazioni, maggiore affidabilità e garanzia del rispetto delle norme di deontologia professionale. Per sei milioni le informazioni fornite da giornalisti iscritti all’Ordine dovrebbero essere indicate con un simbolo di garanzia, un “bollino”. Lo andassero a dire a Beppe Grillo…

 Il dibattito

I dati raccolti da Finzi, ma anche l’esperienza quotidiana, non lasciano dubbi: non si può parlare di informazione e media senza attribuire alla Rete un ruolo di primissimo piano.

“Siamo nel pieno di una trasformazione  – ha commentato il direttore de La Stampa Mario Calabresi -; oggi non possiamo più fare della filosofia sul rapporto tra carta e Internet, perché ci siamo in mezzo. I giornali perdono lettori da prima del boom della Rete, io penso che sia dovuto al fatto che nella trasformazione che l’ha interessata, la stampa ha cercato di seguire la tv. Ma tentare di seguire un media più veloce è un suicidio, e lo stesso vale per la stampa che vuole inseguire Internet”. Invece, il compito dei giornali è, secondo Calabresi, quello di “approfondire, contestualizzare i fatti, spiegare al lettore perché accadono certe cose nella sua vita, fornire chiavi di lettura”. Si punti dunque su giornali più snelli (“il Financial Times ha al massimo trenta notizie al giorno”) e, fin da subito, sull’integrazione tra carta e Internet: “Quando ero in America a seguire Obama per La Repubblica – ricorda Calabresi – inviavo un pezzo per il quotidiano che, prima di andare a dormire, snellivo e aggiornavo con le ultime notizie per la Rete”.

Marco Pratellesi, caporedattore di Corriere.it, ha strizzato l’occhio al direttore del quotidiano torinese: “Non posso dire che La Stampa è il miglior giornale italiano, perché quello è il Corriere (risata collettiva, ndr), però sicuramente si è mossa sulla strada giusta, asciugando il giornale e le storie e fornendo ai lettori un motivo per acquistarlo”. A proposito delle news a pagamento, Pratellesi si dice “assolutamente in disaccordo, se si intendono le notizie che diamo ai lettori tutti i giorni”. “Chi ha provato questa strada ha fallito. Google – ha continuato, forse imbarazzando un pochino la responsabile della comunicazione in Italia dell’azienda, Simona Panseri, seduta accanto a lui – fa una fraccata di soldi offrendo servizi gratuiti, così come Facebook e Twitter”.

Michele Mezza, vicedirettore di Rai International, si è soffermato sul rapporto tra giornalisti e lettori: “Il ruolo degli utenti è sempre più quello di collaboratori. È finito il tempo del giornalista-mediatore”. Ma attenzione, nessun dramma: “Non è che prima ci fosse l’età dell’oro e con Internet sono arrivati i barbari. Nei cinquant’anni che abbiamo alle spalle, quante grandi inchieste sono state fatte? La parola divorzio in tv è arrivata nel ’72!”.

Non fa drammi nemmeno Maria Grazia Mattei, fondatrice di Meet the Media Guru: “Noi giornalisti siamo un po’ come gli artisti e i pittori che con l’arrivo della fotografia temevano la fine di tutto. Ma sappiamo bene che non è andata così”. Importante è tenere sempre a mente che ogni media ha le sue peculiarità: “Un giornalista – ha detto Simona Panseri – non può produrre contenuti per la carta che poi finiscono su Internet. I testi devono essere concepiti per la Rete”.

La sintesi di quattro ore di discussione è stata affidata al caporedattore di Nova 24 Luca De Biase, che abbiamo già apprezzato al Festival del giornalismo di Perugia durante l’incontro sulla stampa universitaria che ha visto protagonista anche Orizzonte Universitario: “Abbiamo due modi di guardare al futuro: o cerchiamo di prevederlo oppure tentiamo di costruirlo. E siccome il futuro non si può prevedere, lo dobbiamo costruire”. Neanche De Biase si fa prendere dal panico: “È cambiato l’accesso alle notizie, ma non è un dramma, bisogna pensare a come adeguarsi”. Durante il suo intervento, il caporedattore di Nova 24 ha buttato lì una frase che ha scaldato i cuori ai tanti aspiranti giornalisti presenti tra il pubblico: “I giornali non assumono i giovani e i giovani non leggono i giornali. Siamo sicuri che sia un caso?”. Da gran conoscitore dei nuovi media, De Biase ha esemplificato una situazione in cui collaborazione tra utenti e giornalisti ha funzionato alla perfezione: “In occasione del terremoto in Abruzzo, dopo un minuto dalla scossa c’erano otto segnalazioni su Twitter. Questa segnalazione non era una notizia, ma un’emozione”, ma grazie all’intervento dei giornalisti lo è diventata. “Questo legame tra persone che si esprimono e lavoro giornalistico si è realizzato molto bene. Il rapporto con il pubblico attivo non può più essere conflittuale”.

A chiudere il convegno è stata la presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Letizia Gonzales: “Anche l’Ordine si dovrà modificare; ci domandiamo quale ruolo dobbiamo avere nel futuro. Penso che appartenervi significhi garanzia di etica e rispetto delle regole. L’idea del bollino suggerita dalla ricerca di Finzi potrebbe essere un’idea, perché effettivamente a volte i siti lasciano dubbi sulla credibilità. Forse servirebbe una banca dati con nome e numero di tessera dei giornalisti, in modo che il lettore che volesse segnalare la violazione di alcune regole potrebbe farlo con facilità”.

Insomma, le idee sono tante, i dubbi ancora di più. Per sapere come effettivamente si svilupperà il futuro del giornalismo non resta che seguire il consiglio del moderatore Venanzio Postiglione: darsi appuntamento al primo ottobre del 2025.

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